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R Recensione

6/10

Birds of Passage

Without The World

La buona notizia è che nel 2011 ci sono ancora album che sanno di 90ies; impossibile, infatti, non cogliere tracce dei Labradford che furono nei primi cupi movimenti di "Without The World", album d'esordio di Alicia Merz, uno-tutto per Birds of Passage. Laddove però Nelson e Brown convertivano i gravi rintocchi drone in cupe spire post-rock, ecco che la nostra giovane neozelandese li pone invece al servizio di un cantautorato nudo, scarnificato nelle melodie e quasi immobile. Non c'è progressione, solo partenza e frenata: l'avvio s'un tappeto scuro di synth – deja vu dei primi Black Tape For A Blue Girl – qualche frase lanciata in loop e il quieto raccoglimento vocale della Merz ("Heal").

 

Pochissime increspature, alterazioni tonali o flessioni timbriche, tutto acquista semplicemente la dimensione della staticità, pesante al limite del soffocamento, tra vibranti riverberi analogici e un uso predominante di note prolungate ("The Patterns On Your Face"). Ogni tanto qualche schiarita acustica ("Fantastic Frown"), il richiamo isolato di un'armonica lontanissima ("Scarlet Monkeys"), ma a delimitare lo stretto spazio cameristico di diffusione sono soprattutto tremori di bassi in apertura e burroni silenziosi ("Pray For A Sunny Day"), un lo-fi sottocutaneo non solo nei campionamenti ma anche nel mezzo di trasmissione vocale vagamento retrò ("Whisper A World"), e un grigio disincanto alienato nei versi ("winter again, the doors are open, the rain falling and all the music brings me down / alone again, my room is frozen, the world falling and they don't miss me, I am bound" da "Scarlet Monkeys").

 

E il problema principale del disco è proprio quello di proporre un ambient a tinte unite, senza sfumature o variazioni, troppo sotto il fondo cantato e poco addentro. C'è l'organo che apre i brani, due-tre note in dissolvenza e vuoti cosmici a profusione: non fossero una costante monolitica dell'album, peraltro a fotocopia anche nella scelta di toni e andature tra una canzone e l'altra, simili soluzioni sarebbero pure gradite sulle prime, specialmente come piccoli squarci diversificanti del genere; ma è un cantautorato che non conquista, che trasporta solo parole su parole e scivola via come il vento tra le finestre aperte di "Alone And Raw"; e con il vento gli uccelli di passaggio, appunto, che non raccolgono e non lasciano traccia. E questa è la cattiva notizia.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 3 voti.
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gull 8/10

C Commenti

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target alle 19:28 del 29 giugno 2011 ha scritto:

Mi piace il terzo dei pezzi qua sopra. Già ascoltarsi in serie tre canzoni così, però, è peso: non immagino 12. Proposta interessante, comunque, ma se ne riparlerà dopo l'estate.

Filippo Maradei, autore, alle 19:41 del 29 giugno 2011 ha scritto:

Hai centrato in pieno il problema: in più, ascoltandolo per intero, si ha come la netta sensazione di una certa ripetizione tra le basi... un copia-incolla mistificato, insomma.

gull (ha votato 8 questo disco) alle 2:32 del 31 dicembre 2011 ha scritto:

Me l'ero persa questa recensione! Concordo, impossibile non cogliere il rimando ai Labradford, nella prima traccia soprattutto.

Bellissime, per me, "Fantastic frown", "Pray for a funny day" (Bjork in salsa drone?), "Those blackest winter nights" (con effetti sulla voce bellissimi), "All my lines". Ma anche "Skeletons", "The patterns of your face", e potrei anche continuare, sono notevoli.