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R Recensione

7/10

Tommaso Mantelli

9 Useless Tunes

Se c’è una cosa che si apprezza incondizionatamente della musica di Tommaso Mantelli, quella è la sua sincerità, la fedeltà ad un canone soggettivo che risponde ad un’assoluta limpidezza di intenti. La si accoglie da questa prospettiva priva di filtri, la confessione del leader dei Captain Mantell, arrivato dopo due decenni abbondanti di attività ad un esordio solista di inediti acustici che, per sua stessa ammissione, “non è nulla di nuovo” – un’ironica captatio benevolentiae che finisce per dare il titolo all’intero disco. Dietro “9 Useless Tunes”, tuttavia, non si scorge solo l’omaggio personale del musicista a tutta una serie di voci maschili novantiane che ne hanno influenzato la carriera: c’è anche una storia di rinascita personale. Più precisamente, a rinascere è il Lesder, studio di proprietà situato sulle rive del Piave trevigiano, devastato dalla tempesta Vaia nell’autunno del 2018 e faticosamente rimesso in moto nei mesi successivi grazie all’aiuto morale ed economico di amici e colleghi: è qui che questi nove brani, in un periodo denso di registrazioni, hanno preso forma e sono stati catturati, in solitaria, durante l’estate del 2019.

Anche a non conoscere i dettagli della storia, non si fa certo fatica ad individuare un (inconscio?) bandolo tematico che sembra accomunare molte delle canzoni della tracklist. A cominciare dalla tenera ballata folkishI Will Learn”, involontariamente contrappuntata dal vibrafono giocattolo della figlioletta di Mantelli, Alice (ricordata anche come autrice della curiosa copertina scarabocchiata, un’interpretazione infantile del padre), per ritrovarsi poi nell’americana unplugged vagamente post-grunge di “Your Place In The Universe Is Perfect” (uno dei giri migliori dell’intero disco, con overdub di elettrica in sottofondo) e nei placidi soundscapes in cui si accoccola la minimale “I Smile” (“I smile / ‘Cause I’m not afraid / I smile / For the time we have made / I am proud to say / I am happy for what I’ve done”). In fondo un progetto acustico, per colpire e funzionare, non ha bisogno di grandi fuochi artificiali, ma deve anzitutto basarsi su canzoni solide e melodie ispirate: “9 Useless Tunes” non lesina né le une, né le altre, alternando blues d’ispirazione cornelliana (il bel singolo “Just Around The Bend”) ad episodi di pensierosa introspezione (il lamento alla luna di “Bitter Sweet Doomsday”), trovando addirittura tempo per esibire sottotraccia preziosismi tecnici che già avevano ben figurato nel “Dirty White King” della band madre (anche in “Which Game” si alternano battute in 5/8 e 6/8).

Senza retorica alcuna: bel disco. “Inutile”, forse, come dice il suo creatore: ma di un’inutilità semplice, diretta, essenziale, piacevole da seguire ed ascoltare.

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