C Capitolo 48 - Dal postcore all'emo - pagina 1 di 5

48 - Dal postcore all'emo (1/5)

Col termine postcore ci si riferisce ad una variante ( o meglio, un’evoluzione) dell’hardcore che vede la struttura relativamente lineare del primissimo hardcore californiano e di quello Washingtoniano crescere per complessità ed influenze; il suono non si addolcisce, tutt’altro, ma muta in modi imprevedibili: le ritmiche si spezzano, le sequenze melodiche vanno oltre i soli tre accordi, le dinamiche dei pezzi sono turbate da contrasti continui tra momenti di relativa quiete ed esplosioni di rumore. Non c’è comunque una formula, ma una serie di formazioni che vanno a costituire un suono del tutto nuovo che si rivelerà di enorme influenza per innumerevoli gruppi noise, emo o post rock.

I primi passi verso la nascita di questa sorta di hardcore progressivo sono, da una parte, i dischi dei Minutemen, autori di un hardcore meticcio contaminato da jazz, funk e folk mai più eguagliato, dall’altra due gruppi di Chicago come i Naked Raygun di “Throb Throb” (1985) e i Big Black di “Atomizer” (1986): bands che spingono il tasso di aggressività dell’hardcore a livelli mai sentiti prima, captando allo stesso tempo influenze noise e metal ed introducendo poliritmie e dissonanze. I Big Black sono capitanati da Steve Albini, figura-chiave per lo sviluppo del noise in tutte le sue possibili varianti e declinazioni, non solo come chitarrista e vocalist del gruppo menzionato ( e degli Shellac poi) ma anche in veste di produttore e/o tecnico del suono: Pixies, Breeders, Jon Spencer Blues Explosion e i Nirvana di “In Utero”(1993) sono solo alcuni dei gruppi che passeranno sotto le sue esperte mani.

Cambiando scena e spostandoci nella Washington del movimento straight edge troviamo invece gli Embrace di Ian Mac Kaye (ex Minor Threat) e i Rites Of Spring di Guy Picciotto: non solo i due andranno di lì a poco a formare il gruppo che del postcore rappresenta il simbolo (ed uno dei punti più alti), cioè i Fugazi, ma ai primi è attribuita l’invenzione dell’emocore, genere che da metà anni’90 diventerà uno dei filoni principali del rock cosiddetto “alternativo”. A metà anni ‘80, infatti, Mac Kaye abbandona, almeno in parte, i toni gridati dei Minor Threat e comincia a cantare, mette un freno ai tempi affannosi dell’hardcore e v’introduce un contenuto emozionale che non è più soltanto semplice sfogo di rabbia, così come testimoniata nella raccolta postuma omonima del 1987, pubblicata dalla sua Dischord.

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