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R Recensione

7/10

Toto

Hydra

Questo secondo album dell’ancor oggi attivo gruppo di Los Angeles è considerato, oltre che uno dei loro migliori, il più vicino al genere progressive. L’accostamento è in realtà molto blando… qualche nesso si può trovarlo innanzitutto nella copertina col tizio immortalato nelle fogne che, impugnando lo spadone medievale (emblema del gruppo), fa tanto Highlander. Pruriti progressivi sono effettivamente presenti nel brano eponimo che apre il disco, col suo atmosferico preambolo tastieristico e più in là il lungo intermezzo strumentale farcito di cambi di tempo e di dinamiche, ma sono aspetti secondari… il calderone dal quale attingono i Toto è sempre stato e sempre sarà un misto di pop, rhythm&blues, hard rock, jazz fusion, Elton John e Beatles, Led Zeppelin e Stevie Wonder, centrifugati tutti insieme e resi con una ricetta tutta loro, molto americana anzi molto californiana.

I migliori episodi di questo lavoro si rivelano essere la pianistica “St. George and the Dragon” grazie al bel lavoro di David Paich che pesta efficacemente il suo strumento scandendo gli ottavi nello stile dei Supertramp, coadiuvato da una ritmica molto serrata e dall’ ampia e ricca arcata melodica percorsa dalla voce squillante e potente di Bobby Kimball, poi la ballata “‘99” dal controverso destino presso gli estimatori dei Toto (c’è chi la avversa parecchio e chi invece la vede come vertice di quest’album). E’ cantata dall’ autore, il chitarrista Steve Lukather, col suo stile dolente e romantico, ma ciò che la rende ben riuscita a mio parere è l’inimitabile groove di rullante del maestro Jeff Porcaro, una specie di rotolio da lui brevettato, ricolmo di dead notes di difficile esecuzione che, dopo la sua scomparsa, nessun altro è stato capace di replicare.

La seconda parte del disco è lievemente inferiore e si sostiene con un paio di rock vigorosi, specialmente “White Sister” in forza della fluviale, smargiassa performance chitarristica di Lukather alle prese col suo lato artistico più metallaro e virtuoso. La similmente andante “All Us Boys” è meno torrenziale, in specie perché lasciata all’ interpretazione dell’autore Paich che tiene uno stile vocale colloquiale e scuro, del tutto meno esplosivo della tesa e sanguigna emissione del frontman principale Kimball.

Mama” è l’abituale concessione funky/rhythm&blues riservata a questo dotato cantante, il quale tiene a questo genere musicale più che a qualunque altro e quindi tende a riversarvi il suo impegno compositivo col gruppo. E’ un brano sincopatissimo, palestra ideale per tutta una serie di stentoree e scolpite, oppure agili e sommesse cellule armonico-ritmiche da parte di un po’ tutti, chitarra tastiere e sezione ritmica.

Il disco chiude, come tanti altri della formazione, con il contributo morbido e disteso dell’altro tastierista Steve Porcaro, un tizio che da un pezzo sta vivendo di rendita già semplicemente coi proventi della sua “Human Nature”, fortunatissima ballata donata a Michael Jackson per l’inclusione nell’album “Thriller”, lavoro dalla proverbiale, mastodontica fortuna commerciale (più di cento milioni di copie smerciate in giro per il mondo).

Classe da vendere (sin da giovani… in questo disco i musicisti sono ancora quasi tutti sui venticinque anni o anche meno), completa padronanza degli strumenti e delle tecniche di arrangiamento, molta passione per la musica rock e jazz e pop in quanto tale e per i relativi maestri passati e presenti… d’altra parte nessuna aspirazione da messaggeri sociali, niente malesseri profondi da esternare, nessun credo o religione da propagare, niente velleità visionarie o concettuali, quasi nessuno sforzo testuale nel senso che le liriche servono solamente a far esprimere il cantante e quindi ad aggiungere lo strumento voce all’ insieme… questi erano e sono ancora i Toto: la musica per la musica, creata ed eseguita con tanta passione e zero concettualità, prendere o lasciare. Per tali ragioni questo disco, i tanti dischi dei Toto piacciono o non piacciono, attraggono o respingono.

Massimo rispetto per quanto mi riguarda: questi stanno ancora assieme e girano il mondo e fanno dischi, invece di pensionarsi e rincoglionirsi dentro le loro piscine. Si sono presi dei mercenari per anni… in effetti suonavano tutto e con tutti (pure Cocciante, pure Baglioni), ma era perché piaceva loro farlo (e perché lo sapevano fare bene). Il gruppo esiste da trentotto anni, ad onta dei suoi morti (i due Porcaro batterista e bassista) e del fatto che sia da tempo immemore del tutto fuori dal grosso giro: tanto di cappello.

V Voti

Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 5 voti.
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krikka 4/10
B-B-B 8,5/10
Lelling 8,5/10

C Commenti

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Paolo Nuzzi (ha votato 7 questo disco) alle 10:05 del 9 giugno 2015 ha scritto:

Conosco solo "99" una ballad che adoro, ha un arrangiamento sopraffino ed una linea pianistica che è impossibile dimenticare. Devo recuperare il disco in questione, anche perchè per anni ho vissuto nei confronti dei Toto un pregiudizio ed una spocchia insopportabile, senza aver ascoltato i loro dischi per intero, tranne "IV", è ora di rivedere un po' i miei parametri di (pre)giudizio, anche perchè sono musicisti incredibili. Specie Jeff Porcaro (R.I.P.) Complimenti per la recensione.

B-B-B (ha votato 8,5 questo disco) alle 18:48 del 10 luglio 2015 ha scritto:

Grande album di un grande gruppo. Credo però di preferire il debutto.

Utente non più registrato alle 20:06 del 10 luglio 2015 ha scritto:

"Quando abbiamo dato vita ai Toto, le nostre principali fonti di ispirazione erano EL&P e Yes. Vivisezionavamo i loro dischi, cercando di capire cosa li rendesse speciali." (David Paich)

"Prendi gli Yes e i Pink Floyd, poi aggiungi gli Steely Dan e John McLaughlin, e alla fine ci butti dentro qualcosa dei Deep Purple. E quel che ottieni sono i Toto."

"Siamo tutti cresciuti con i miti prog degli anni Settanta. Yes, Genesis, Pink Floyd. E per le armonie vocali ci siamo ispirati tantissimo ai Gentle Giant." (Steve Lukather)