Il Triangolo
Un'America
Se cè un merito che va riconosciuto ai tre ragazzi di Luino è quello di essersi ritagliati, a modo loro, una nicchia del tutto particolare allinterno del pop italiano, sospesi tra naiveté assemblata a tavolino, fascinazione vintage rasente la decalcomania e riproduzione di modelli grossomodo contemporanei, appena sporcati da un passato punk invero non così ingombrante. Messa in questi termini, effettivamente, più che un attestato di stima sembra una triplice zavorra (non aiuta la recensione dellesordio Tutte Le Canzoni). Eppure, nel complesso, per quanto concettualmente bislacca, al tempo loperazione Il Triangolo convinse molti, tanto da spingere più di qualcuno a parlare di nuova via per la musica cantautorale dello Stivale e a far riconoscere ai detrattori, noi compresi, i punti di forza che il pur limitato opus primum orgogliosamente esibiva. Come ben sappiamo, poi, il presagio hipsterofobico lanciato come strale in coda a quella valutazione non si è concretizzato, e il pop de noantri ha virato verso altri lidi. Di conseguenza, anche Il Triangolo fortuna o no, tutto dipende da come avevate giudicato il disco precedente ha dovuto riassestare le proprie coordinate, reinventandosi un futuro. E cosa di meglio dellAmerica, reificazione purissima del beyond sempre e comunque, per marcare a fondo il turning point decisivo?
Subito con le ammissioni. La produzione bombastica, i suoni meno granulosi e più moderni, un approccio meno ostinatamente passatista, la compattezza interna di un full length preferita alla semplice raccolta tematica del finto canzoniere fanno sembrare UnAmerica, almeno ai primi ascolti, un lavoro di livello e, soprattutto, radicalmente diverso dal proprio predecessore. La title track, ad esempio, a dispetto di un certo conservatorismo lirico scambiato per elegia parnassiana ma i problemi di fondo non si risolvono: semplicemente sono , suona quasi post punk, con una batteria zigzagante ed una chitarra a singhiozzo. La Playa ricorda inevitabilmente Le Forbici, ma il clima è quello del surf californiano: se non loriginale dei Del-Tones, quello revivalista dei fumettoni di Tarantino. Con Lei irrobustisce ulteriormente i muscoli, trasfigurando il beat in un moderno arrangiamento electro rock non privo di pathos. Sembra proprio, insomma, di stare assistendo ad unaltra storia, di stare ascoltando un altro gruppo, di stare ammirando unevoluzione del tutto inaspettata. Sembra.
Che si tratti di lifting minimi e non di profonde innovazioni lo testimonia (meglio: urla) il resto della scaletta. È un contrasto che perplime tanto più perché non cercato. La sensazione è, mutatis mutandis, che si sia venuta a creare una situazione di coartazione artistica, di coabitazione forzata tra spinte rinnovatrici e il peso implacabile dello status quo, e che Il Triangolo non si sia rivelato in grado (non abbia voluto?) preferire una allaltra, far sopravanzare luna sullaltra. Martedì Di Settembre, ad esempio, è una struggente storia damore da jukebox, una cosa che potrebbero ballare Gloria Guida e Lilli Carati nellautogrill malfamato di Avere VentAnni o, in alternativa, i personaggi di un futuro romanzo di Silvia Avallone. Avanti è una messa beat laica, con stratificazioni strumentali davvero vecchieggianti. Varsavia cerca di confondere le idee con una messa in scena vicina a certa, recente new wave cinematografica (se vi scorrono davanti le immagini del Decalogo di Krzysztof Kieślowski siete del tutto giustificati), ma il trucco poggia su fondamenta labili. Lo scollamento arriva al suo punto di non ritorno con una Oradarada che si prostra, al suo interno, sia alla forza centrifuga della filastrocca dautore, sia a quella centripeta dellindie pop, senza raggiungere un coerente equilibrio.
Ce lavevano quasi fatta, ma ancora non è abbastanza: per svoltare serve più coraggio. D'altro canto, come scrisse Dostoevskij, Colombo fu felice non quando scoprì lAmerica, ma mentre la scopriva.
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