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R Recensione

5,5/10

Il Triangolo

Un'America

Se c’è un merito che va riconosciuto ai tre ragazzi di Luino è quello di essersi ritagliati, a modo loro, una nicchia del tutto particolare all’interno del pop italiano, sospesi tra naiveté assemblata a tavolino, fascinazione vintage rasente la decalcomania e riproduzione di modelli grossomodo contemporanei, appena sporcati da un passato punk invero non così ingombrante. Messa in questi termini, effettivamente, più che un attestato di stima sembra una triplice zavorra (non aiuta la recensione dell’esordio “Tutte Le Canzoni”). Eppure, nel complesso, per quanto concettualmente bislacca, al tempo l’operazione Il Triangolo convinse molti, tanto da spingere più di qualcuno a parlare di nuova via per la musica cantautorale dello Stivale e a far riconoscere ai detrattori, noi compresi, i punti di forza che il pur limitato opus primum orgogliosamente esibiva. Come ben sappiamo, poi, il presagio hipsterofobico lanciato come strale in coda a quella valutazione non si è concretizzato, e il pop de noantri ha virato verso altri lidi. Di conseguenza, anche Il Triangolo – fortuna o no, tutto dipende da come avevate giudicato il disco precedente – ha dovuto riassestare le proprie coordinate, reinventandosi un futuro. E cosa di meglio dell’America, reificazione purissima del beyond sempre e comunque, per marcare a fondo il turning point decisivo?

Subito con le ammissioni. La produzione bombastica, i suoni meno granulosi e più moderni, un approccio meno ostinatamente passatista, la compattezza interna di un full length preferita alla semplice raccolta tematica del finto canzoniere fanno sembrare “Un’America”, almeno ai primi ascolti, un lavoro di livello e, soprattutto, radicalmente diverso dal proprio predecessore. La title track, ad esempio, a dispetto di un certo conservatorismo lirico scambiato per elegia parnassiana – ma i problemi di fondo non si “risolvono”: semplicemente “sono” –, suona quasi post punk, con una batteria zigzagante ed una chitarra a singhiozzo. “La Playa” ricorda inevitabilmente “Le Forbici”, ma il clima è quello del surf californiano: se non l’originale dei Del-Tones, quello revivalista dei fumettoni di Tarantino. “Con Lei” irrobustisce ulteriormente i muscoli, trasfigurando il beat in un moderno arrangiamento electro rock non privo di pathos. Sembra proprio, insomma, di stare assistendo ad un’altra storia, di stare ascoltando un altro gruppo, di stare ammirando un’evoluzione del tutto inaspettata. Sembra.

Che si tratti di lifting minimi e non di profonde innovazioni lo testimonia (meglio: urla) il resto della scaletta. È un contrasto che perplime tanto più perché non cercato. La sensazione è, mutatis mutandis, che si sia venuta a creare una situazione di coartazione artistica, di coabitazione forzata tra spinte rinnovatrici e il peso implacabile dello status quo, e che Il Triangolo non si sia rivelato in grado (non abbia voluto?) preferire una all’altra, far sopravanzare l’una sull’altra. “Martedì Di Settembre”, ad esempio, è una struggente storia d’amore da jukebox, una cosa che potrebbero ballare Gloria Guida e Lilli Carati nell’autogrill malfamato di Avere Vent’Anni o, in alternativa, i personaggi di un futuro romanzo di Silvia Avallone. “Avanti” è una messa beat laica, con stratificazioni strumentali davvero vecchieggianti. “Varsavia” cerca di confondere le idee con una messa in scena vicina a certa, recente new wave “cinematografica” (se vi scorrono davanti le immagini del Decalogo di Krzysztof Kieślowski siete del tutto giustificati), ma il trucco poggia su fondamenta labili. Lo scollamento arriva al suo punto di non ritorno con una “Oradarada” che si prostra, al suo interno, sia alla forza centrifuga della filastrocca d’autore, sia a quella centripeta dell’indie pop, senza raggiungere un coerente equilibrio.

Ce l’avevano quasi fatta, ma ancora non è abbastanza: per svoltare serve più coraggio. D'altro canto, come scrisse Dostoevskij, Colombo fu felice non quando scoprì l’America, ma mentre la scopriva.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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robycrispiano (ha votato 7,5 questo disco) alle 18:13 del 17 ottobre 2014 ha scritto:

una frase dello scrittore Mario Mariani (1883 - 1951) adattata alla musica in generale: “La critica non ha mai rivelato un grande MUSICISTA o autore MUSICALE ai suoi primi passi, ha sempre soltanto cercato di demolirlo quando lo vedeva circondato dal favore del pubblico, salvo poi prostituirsi in salamelecchi ufficiali quando lo scrittore era ormai una gloria certa.”

REBBY alle 21:20 del 17 ottobre 2014 ha scritto:

Roby! Ti credevo morto? Eheh

Mario Mariani, che tipo eh. È anche quello che ha detto anche: "il moralista borghese è l'uomo dalla lettera anonima" oppure, sempre adattata alla musica in generale: "un MUSICISTA è un uomo che con una SCRITTURA gentile si tira vicino un ASCOLTATORE e gli appiccica una frustata in faccia e questa frustata è salutare perché o fracassa una menzogna convenzionale o schianta in due un pregiudizio ..."