CarmenSita
Outta Kali Phobia
Cinquanta sfumature per rendere interessante un disco voce e chitarra. Avere cuore limpido ed idee solide, la base imprescindibile: far finta di utilizzare solamente voce e chitarra, comportandosi di conseguenza fino alla fine, lo sviluppo primario; modellare sulla scarsità dei mezzi la concisione espressiva, derivazione consigliata. Segnaliamo Outta Kali Phobia, lanomalo debutto autoprodotto del duo-non duo CarmenSita (la vocalist Carmen Cangiano a ukulele e harmonium, il bravo Claudio Fabbrini allacustica, il senegalese Dudu Kouate a rinforzare la sezione percussiva), perché capace di centrare tutti i traguardi pur sottovoce, con umiltà, in economia. Non avendo la sfera di cristallo tra le mani, non siamo in grado di prevedere quanto i frenetici, competitivi meccanismi di promozione oscureranno luscita di questo lavoro: con ogni probabilità, in misura notevole. In questo caso è bene trasgredire le regole tacitamente imposte dallesterno.
I due brani più riusciti sono, in proporzione, quelli che si ricollegano visceralmente allimmaginario minimal-tribale di certa psichedelia sessantiana. Trouble, nello specifico, è un unico battito rituale che si abbarbica attorno a cellule liriche, estratti di Ringkomposition sacrale per una nuova Woodstock, con cinquantanni di ritardo sulla tabella di marcia. Raffinato nelle tessiture strumentali, sfuggente nellinterpretazione è, invece, il blues guizzante di Dont Forget To Dance. Solo nella titletrack si rischia di tracimare nella parodia mistica di certi Jefferson Airplane. Ma la musica dei CarmenSita, lo si coglie anche senza approfondire i testi, è impregnata di un approccio autoironico che li porta, sovente, sullorlo dellesplicito corteggiamento al pop jazz dautore (le sonnolente fusa della gradevole Shes A Godness, la briosa Norah Jones di Move On) e li fa suonare convincenti anche nel momento di maggiore nudità, una Deep Water che è scaglia di soul incastrata quasi casualmente (la chiave, al solito, è nel quasi) nella tracklist.
Davvero non male. Consiglio disinteressato: sarebbe bene, per il futuro, coltivare lidioma madre, già ottimamente impiegato in La Noia Ha Fame.
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