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R Recensione

7/10

Daniele Tenca

Wake Up Nation

Da alcuni anni il blues in Italia sta vivendo una vera e propria rinascita. In realtà nella nostra penisola ha sempre avuto un certo seguito, grazie a chi ha sempre creduto in questa musica organizzando rassegne (il nostro è il paese europeo che probabilmente ha più festival estivi dedicati alla musica del diavolo) e a chi ha continuato a proporla con grande competenza (da Fabio Treves a Paolo Bonfanti, da Roberto Ciotti a Angelo Leadbelly Rossi, solo per citarne alcuni). Ciò che sorprende della scena blues italiana odierna è però l’avvicinarsi a questa musica di una nuova generazione, musicisti giovani e giovanissimi che invece di rifarsi al rock o al rap (le musiche giovanili per eccellenza) decidono di ispirarsi alle dodici battute. Di certo ha svolto un ruolo in questo, il successo di band come la Bud Spencer Blues Explosion (attenzione al nuovo disco solista del chitarrista del duo, Adriano Viterbini), ma i segnali di questa nuova italian blues explosion sono molti (sorprendente un disco come quello dei varesini There Will Be Blood). Una conferma è il nuovo lavoro di Daniele Tenca, bluesman già molto noto per il suo disco precedente, che con questo Wake Up Nation porta il nuovo blues italiano ad un livello di maturità compositiva ed esecutiva davvero notevole.

Ancora una volta Tenca non si tira indietro nel sottolineare le storture della nostra società, a partire dalla title track, un incitamento al risveglio ed alla presa di coscienza, a non farsi ottenebrare dalle false promesse della televisione (wake up nation, television’s gonna bring you down, you can switch a million channels, but dissent is not allowed). Quella televisione il cui mondo finto e corrotto dei tv show viene descritto in Big Daddy, un mondo in cui contano i soldi e l’apparire (e chi sarà quel paparino proprietario della tv, che fa le leggi, non ha paura dei pubblici ministeri, e invita la show girl nel suo grande lettone?).

Una società dipinta a tinte fosche, in preda alla crisi economica così ben descritta in Default Boogie, dove una chitarra che graffia e trasuda rabbia ci porta sulle rive del Mississippi. Una crisi alla quale non ci si deve arrendere, e Tenca in What Did You Do? invita apertamente a scegliere tra ribellarsi e opporsi (vengono citati i terremotati dell’Aquila caricati durante le manifestazioni) oppure a nascondersi dietro ai social network per una sterile protesta.

Dead And Gone, acustica, con una ritmica ipnotica e una grande armonica, è un affresco perfetto di una società in decadenza, in cui si diffondono ad arte razzismo, perbenismo e falso moralismo.

Fanno da corollario ai brani autografi anche tre riuscitissime cover. Last Po' Man (di Seasik Steve), un grande blues elettrico con ospite il maestro Maurizio Glielmo Gnola, una storie di vagabondi, in cerca di fortuna o solo in cerca di se stessi, oppure spinti solo dal desiderio di viaggiare, con nessun altra proprietà se non il sacco a pelo.

It's All Good (di Bob Dylan) che si inserisce alla perfezione nelle tematiche trattate nel disco, un rock blues trascinante, reso in maniera splendida dal cantato a mezza voce e dalla chitarra che si inserisce tra le strofe. E Society (di Jerry Hannan)  una ballad acustica che racconta dei mali della società contemporanea, l’avidità, il bisogno di possedere sempre di più.

Un disco splendido, suonato perfettamente dalla Working Class Band di Daniele Tenca (Leo Ghiringhelli, Pablo Leoni, Luca Tonani, Heggy Vezzano) e sostenuto da ospiti di lusso (Andy J Forest, Paolo Bonfanti, Antonio Cupertino) che dimostra come il blues possa essere non solo attuale, ma efficacemente utilizzato per descrivere la realtà quotidiana della nostra penisola.

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