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R Recensione

8/10

Francesco Piu

Crossing

Il viaggio di Francesco Piu nel mondo del blues, iniziato nel 2007 con “Blues Journey”, arriva al nuovo appuntamento discografico con l’incontro con uno dei padri del genere, Robert Johnson. Il nuovo “Crossing” è infatti dedicato integralmente alle composizioni del grande musicista americano. Scelta coraggiosa, non solo perché si va a toccare il repertorio di uno dei mostri sacri del genere, ma soprattutto perché il chitarrista sardo ha deciso di trasportare idealmente Robert Johnson nel mediterraneo, facendo incontrare le radici del blues del Mississippi con quelle della sua Sardegna, e spingendosi anche oltre i confini del mar Mediterraneo, arrivando all’Africa. Non che sia la prima volta che il bluesman di Sassari riporta in luce i suoni della sua terra (si vedano i dischi “Maa-Moo Tones” del 2012 e “The Cann O’ Now Sessions” del 2018), ma qui il lavoro di ricerca e commistione sembra arrivare al suo apice. Prendendo il termine “Crossing” nel suo significato di incrocio di culture, Francesco Piu fa convivere la chitarra elettrica con i tipici strumenti a corda di origine mediterranea, le percussioni africane e orientali con le launeddas sarde, senza dimenticare la musica elettronica contemporanea. 

Il percorso è chiaro già dall’iniziale “Come On In My Kitchen”, dove si incrociano folk, blues e musica etnica, chitarra elettrica e oud, le percussioni africane (riqq, djembè, calebasse) e il canto a tenore di Gavino Murgia, i samples di Dj Cris e la voce blues di Piu. Un inizio sorprendente, un insieme di suoni amalgamato alla perfezione, risultato di una ricerca approfondita, dove le sonorità popolari di aree geografiche diverse si uniscono nel linguaggio universale del blues. Così non sorprende ascoltare nel classico “Me And The Devil” la batteria elettrica e i samples che si incrociano con djembe e bouzouki, il pipiolu sardo e la darbuka araba, o in “Stop Breaking Down” la chitarra slide di Francesco unirsi alle launeddas sarde, con le percussioni che richiamano ritmi afro. O ancora, in “If I Had A Possession Over Judgement Day”, i ritmi percussivi afro unirsi a samples e launeddas, e in “Hellhound On My Trail” zufolo sardo e samples, che trasportano il brano in un luogo indefinito tra blues e folk, tra Africa e Occidente, creando un mondo di suoni dall’atmosfera quasi dark.

Un melting pot che quasi esplode in “From Four Til’ Late”: qui il ritmo trascinante della batteria, il dobro del chitarrista sardo, la kora e il tipico suono orientale dell’hag drum, confluiscono in uno splendido brano dal suono onirico, dove anche l’elettrica di Piu si scatena. Se in “They’re Red Hot” i suoni dell’Africa si uniscono alla tradizione popolare italiana grazie all’accordion di Antonello Salis, per una versione davvero coraggiosa della celebre canzone, in “Stones In My Passway” passato e presente si incrociano in un brano completamente elettrico, con la chitarra di Piu che lotta con gli scratches di Dj Cris. Non mancano all’appello anche i due grandi classici del repertorio di Johnson: “Crossroad Blues” è riproposta con un accompagnamento ritmico che alla batteria affianca le percussioni africane, con il chitarrista sardo che si alterna a lap steel, oud ed elettrica, producendosi in un assolo infuocato, mentre in “Love In Vain” percussioni afro e sarde, fisarmonica e whistle irlandese, riportano il brano alla sua origine acustica, con un’altra bellissima prova di Piu alla voce: pochi in Italia oggi cantano il blues come lui.

Accompagnato da uno stuolo di musicisti che apportano al disco una notevole ricchezza di suoni (Antonello Salis, Gavino Murgia, Gino Marielli dei Tazenda, Marco Pandolfi, Bruno Piccinnu e Franziscu Pilu dei Cordas et Cannas, Paolo Succu, Gavino Riva, Alessandro Quartu, Fabrizio Leoni, Giuseppe Loriga, Lino Muoio, Gianfranco Marongiu, Stefano Romano, Jally Tamba, Silvio Centamore, Francesco Ogana, DJ Cris), Francesco Piu si alterna tra chitarra, bouzouki, oud, dobro e lap steel, creando un disco che non è solo un omaggio a Robert Johnson, e neanche un semplice omaggio al blues, ma un omaggio alla musica delle radici, che unendo il blues alla musica africana e mediterranea riporta la musica popolare alle sue origini, quasi un blues degli anni 2000. Un lavoro coraggioso, che può realizzare solo chi ha una profonda conoscenza del blues e una padronanza della musica a 360 gradi. Francesco Piu si conferma uno straordinario bluesman, e “Crossing” uno dei migliori dischi di blues del 2019.

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