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R Recensione

8/10

Morphine

The Night

Questo disco è la cronaca di una morte annunciata. E no, non stiamo parlando di uno dei capolavori di Gabriel Garcia Marquez, ma di quella tormentata eleganza della baritone experience dei Morphine. Mi riferisco a quel delizioso esperimento musicale condotto da Mark Sandman all'inizio degli anni Novanta. Tipo strano, Mark, umile: ha lavorato da tassista e pescatore con lavori spesso di fortuna, ma sempre con la musica in testa. Le sue intuizioni musicali si sono poste sempre in maniera quasi anacronistica rispetto agli anni in cui si sono sviluppate. Mentre a Seattle esplodeva il grunge dei Nirvana, in zona diametralmente opposta – a Boston – nasceva qualcosa destinato a rimanere un caso unico: lo slow-rock dei Morphine. Uno scarno trio jazzy-blues: sassofono baritono (Dana Colley), percussioni (prima Jerome Deupree, poi Billy Conway), voce e basso (Mark Sandman). E tanto basta a creare grandissime ballate di raffinatissima fattura.

 

Parlavo di morte annunciata, vero, perchè questo lavoro è uscito postumo a quello ormai storico concerto di Palestrina (Roma). Le ultime parole di Sandman prima di spegnersi sul palco per arresto cardiaco le ricordiamo un po' tutti (“Grazie Palestrina. È una serata bellissima, è bello stare qui e voglio dedicarvi una canzone super-sexy”). Ed è veramente musica sensuale la loro. Arrangiamenti minimali dall'incedere lento e affascinante che valorizza i vuoti e li riempie di un'essenza fumosa e introversa. Così densa da sembrare quasi liquida e crepuscolare. La loro ricerca musicale ha attraversato varie fasi, per poi approdare a quest'ultima gemma notturna ("The Night", per l'appunto). Il mirabolante esordio con "Good" (1992) e "Cure For Pain" (1993) portano il gruppo di Sandman sulle vette di una nicchia tra un songwriting Waits-iano e formalismi jazz à la Miles Davis. Tutto completamente svuotato e ridotto al minimo (anche il basso di Sandman, attrezzato all'essenziale, sole due corde, come uno strumento africano). Poi è la volta di "Yes" (1995) prova più movimentata che abbandona le logiche noir e dilatate per un sound più aggressivo: un blues-rock figlio del re del Delta Robert Johnson. A questa perfetta trilogia musicale segue “Like Swimming” , un mare forse troppo calmo, piatto, in cui affoga un po' lo stile e il songwriting di Sandman.

 

E poi c'è la Notte.

 

Per capire la notte è necessario vivere tutto il giorno. E questo "The Night" (2000) porta con sé tutto lo spleen 'diverso' dei passati '90s. E' un insieme di preghiere (“Take me with you”), sospiri (“You look like rain” , “Souvenir”), bisbigli fragili (“Like a mirror”). Gli arrangiamenti si fanno più pieni (“So many ways”), aumentano gli strumenti (fiati, coro, pianoforti), fanno capolino anche un violoncello e un organo e la ricerca musicale è di più ampio respiro. Il sound è la visione romantica e oscura della vita che trae insegnamento da tutto il percorso musicale alle proprie spalle (sempre molto presente). Si sente ancora l'influenza di grandi come Leonard Cohen o Nick Cave. C'è un'agitazione implicita – come sconfitta – che ricorda quella di Ian Curtis, anche se qui magistralmente condotta su binari più misurati e dimessi. Fil rouge di tutte le canzoni è la reverenziale fragilità che dimostra tutto l'album, partorito sicuramente in un periodo di ricerca interiore di Sandman, in bilico tra pensieri dolorosi e idee sensuali. Guidati dai profondi slide di basso, l'ascolto cammina parallelo a un sogno distratto e un incubo delicato, sospeso su tentazioni quasi slow-core. E' un equilibrio rarefatto tra l'afrodisiaco e il liturgico.

 

L'esito è un album mistico, riservato, introspettivo, nebbioso, che ha tutta l'aria commossa della fine di un'esperienza più unica che rara. La voce vellutata di Mark Sandman ci saluta, come un delicato elogio funebre: insieme passato e futuro di un percorso noir: un po' rock, un po' jazz. Con questo epitaffio possiamo collezionare l'ultima gemma di uno spirito 'altro' dei disordinati anni Novanta. Dell'anima profonda di quell'antidivo di Sandman. E abbandonandoci all' ascolto di quel capolavoro intimo che è la title-track potremmo accorgerci che le notti come questa sono atti d'amore.

 

V Voti

Voto degli utenti: 8,2/10 in media su 8 voti.
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Grind 10/10

C Commenti

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Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 0:08 del 19 maggio 2010 ha scritto:

Bello e importante. Disco denso come la recensione, romantica e "sentita", complimenti

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 0:20 del 19 maggio 2010 ha scritto:

Ah già: copertina stupenda.

Marco Di Francesco, autore, alle 10:14 del 19 maggio 2010 ha scritto:

Più risento quest'album e più mi accorgo di una logica "beat" presente nel sound. Quel beat a metà tra il santo e il battuto. Quello denso d'esperienza, di sentito, di vissuto. Sono canzoni da farci l'amore. E non mi stupirei di scoprire quante coppie si sono fatte accompagnare dai Morphine nei momenti più intimi.

Purtroppo (o per fortuna, dipende dai casi) Sandman non ha mai avuto la visibilità che davvero meritava.

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 15:10 del 19 maggio 2010 ha scritto:

mi devo ripetere: qualsiasi disco dei morphine è un grande disco! unico difetto si rassomigliano un po tutti. io purtroppo li ho conosciuti il giorno dopo la morte di sandman. sul giornale (forse il messaggero) -"morto in provincia di roma il cantante dei morphine". e chi sono questi? fammi ascoltare....li ho ascoltati e...e che cazzo!!

Filippo Maradei (ha votato 8 questo disco) alle 17:36 del 19 maggio 2010 ha scritto:

Già, visibilità - 1. Un... il peccato.

Emiliano alle 17:16 del primo giugno 2010 ha scritto:

Disco legato a una marea di ricordi e quindi inoggettivabile da parte mia. Bella recensione.

folktronic (ha votato 9 questo disco) alle 1:19 del 15 novembre 2010 ha scritto:

tra i miei preferiti del decennio....ed insieme a Yes il mio preferito della band americana.