R Recensione

10/10

P.j. Harvey

To Bring You my Love

Tengo subito a precisare che non sono lesbica, dato che probabilmente durante questa recensione potrei risultare innamorata di questa donna. Il problema è che lo sono e che oltretutto pagherei per essere lei anche soltanto per un giorno. Stiamo parlando di Polly, meglio conosciuta come Pj Harvey e il disco di cui andremo ad occuparci s'intitola “To bring you my love”.

A questo punto, nominando il titolo, dovrei aver già procurato a molti di voi la pelle d'oca. A chi non dovesse ancora conoscerlo, dico semplicemente che non si può morire senza prima aver ascoltato questo album almeno una decina di volte. Siamo nell'ormai lontano 1995, anche se sembra ieri, agli albori del post grunge.

Morto Cobain il mondo della musica piange la fine di un'epoca e la dipartita di un genere, il grunge. Ecco nascere il rock alternativo, un'etichetta che abbraccerà gruppi come i Radiohead e tantissimi altri come loro. Pj nel '95 è già al suo quarto album e dopo “Dry”, "Rid of Me" e "4-Track Demos" , la Harvey conquista il mondo intero, vendendo più di un milione di copie proprio con “To bring you my love”, prodotto da Mark Ellis, detto Flood . Nonostante il grande successo la musica di Polly è sempre stata definita di nicchia, un ascolto non adatto a tutti e soprattutto non consigliato a quel genere di persone che non usufruiscono molto del proprio intelletto.

To bring you my love” è semplicemente un capolavoro, un disco che lasciò tutti a bocca aperta e che si è in grado di amare veramente alla follia solo dopo numerosissimi ascolti. Il quarto lavoro di Harvey non si può certo definire easy listening, data la ricerca musicale, i continui cambiamenti di stile e la grande attenzione riservata ad una qualità quasi vicina alla perfezione. “I was born in the desert/I been down for years/Jesus, come closer/I think my time is near” sono queste le prime parole pronunciate dalla voce inconfondibile ed unica dell'artista, queste le prime frasi di apertura di un album a dir poco poetico, onirico e sofferente.

Pj negli anni a venire affermerà di non essere stata molto bene durante la lavorazione di “To bring you my love”, tanto da dichiarare di essere stata “persa come persona”. L'immagine di Polly infatti, soprattutto nel '94-'95, è di una donna incredibilmente magra (anche se lo è ancora oggi), trasandata, con il trucco perennemente sbavato, direi molto punk. E' come se la cantasse avesse voluto far trasparire il suo disagio anche attraverso il corpo, oltre ad usare come mezzo la musica e i testi delle sue canzoni. Polly è incredibilmente affascinante, un'ammaliatrice sexy, sporca, incredibilmente rock. Le sonorità di “To bring you my love” sono grezze nonostante non ci sia nulla lasciato al caso e all'improvvisazione.

Tutto appare oscuro e tenebroso fin dai primi accordi della canzone che da il titolo all'album, così come le parole. Lo stesso sound angosciante si ritrova anche in “Meet Ze Monsta” e se possibile, la musica e la voce di Pj si fanno ancora più sensuali ed accattivanti in “Working for the man” per poi risalire solo in parte verso un po' più di luce con “C'mon Billy”, energica, ma con una sorta di malinconia di fondo che ci accompagnerà per tutta la durata dell'album. E poi ancora, gli accordi ossessivi ed ipnotici di “Teclo” a far da sfondo ad un ritornello davvero struggente: “Let me ride/Let me ride/Just let me ride on your grace for a while”.  “Long snake moan” invece è un brano decisamente rock, intriso di una rabbia talmente furiosa da far tremare i muri. Il disco prosegue con un altro brano indimenticabile, il primo singolo estratto “Down by the water” per il quale venne anche registrato un video bellissimo dove Pj appare in tutto il suo massimo splendore. Successivamente troviamo l'inquietante “I think I'm a mother” e l'implorante “Sends his love to me”. Il brano “The Dancer” a concludere uno dei più bei dischi degli anni '90. “So long day, so long night/Oh Lord, be near me tonight/Is he near ? is he far ?/Bring peace to my black and empty heart” , queste le ultime graffianti parole pronunciate come un lacerante grido da Polly Jean Harvey.

Si potrebbe pensare che un disco come “ To bring you my love”, sia adatto e rivolto ad un pubblico composto prevalentemente da donne, ma non è affatto così. La Harvey non è una femminista e le sue canzoni, testi e musica compresi, sono tutt'altro che assimilabili a biechi sentimentalismi tipici delle femminucce. Pj è una dura, una “figa”, una che ha le palle. E' una poetessa, e una donna con una caratteristica in particolare da invidiarle: il dono del genio e forse un po' anche della follia. 

V Voti

Voto degli utenti: 8,9/10 in media su 23 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
target 8/10
hyper82 10/10
maxcoro 10/10
REBBY 8,5/10
Dengler 7,5/10

C Commenti

Ci sono 5 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

tramblogy (ha votato 10 questo disco) alle 0:44 del 21 aprile 2009 ha scritto:

già

SamJack (ha votato 8 questo disco) alle 14:05 del 21 aprile 2009 ha scritto:

buon disco, forse l'apice, il punto più alto raggiunto da PJ, ispiratissimo e pieno di "blues".....

target (ha votato 8 questo disco) alle 19:23 del 21 aprile 2009 ha scritto:

Una Polly ossessiva e strisciante. Suo apice, direi di sì, e certamente lo è alle orecchie del sottoscritto allora giovinetto che godeva delle sinuosità ruvidissime di una "down by the water". E dio (non) sa quanto l'adolescenza ami le sinuosità ruvide, magari accanto alle cupezze col broncio di "I think I'm a mother". Me lo hai fatto riascoltare, dejanira, sicché grazie.

Utente non più registrato alle 18:46 del 11 dicembre 2009 ha scritto:

Perfect! ma io sono pazza di is this desire?

ThirdEye (ha votato 9 questo disco) alle 20:29 del 11 luglio 2012 ha scritto:

Il suo capolavoro. Dopo i due precedenti discreti Dry e Rid Of Me, la Polly annega la sua arte nei fangosi inferi del Blues, e sforna il suo capolavoro. Peccato non lambirà mai più questi livelli, durante la sua carriera..