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R Recensione

8/10

Gabriele Mirabassi & Orchestra a base de dopra de Curitiba

A testa in giù

Ho fatto un sogno brasiliano, popolato da strane creature, metà volatili, metà strumenti, che con il loro canto  mi accompagnavano in una foresta lussureggiante. C’era il tucano clarinetto, il pappagallo sassofono e il cardellino flauto. C’era molta allegria, un gran sbattere d’ali e intonare melodie ora allegre ora più meste, procedere in gioiosa confusione e fermarsi sui rami ad intrecciare le voci. Non mi sono svegliato, perché in realtà non era un sogno, ma il nuovo cd di Gabriele Mirabassi inciso dal vivo  con l’Orchestra a base de sopra de Curitiba, città brasiliana divenuta una sorta di seconda casa per il clarinettista umbro, che qui suggella il proprio amore per la musica brasiliana. L’Orchestra è un ensemble nato con l’intento di eseguire  il repertorio musicale brasiliano nei suoi differenti formati, dalla musica d’autore a quella da ballo, e, una volta all’anno, il suo conduttore Sergio Albach decide di invitare un ospite con l’obiettivo dello scambio reciproco di esperienze e dell’arricchimento musicale. Nel 2011 Mirabassi, che aveva alle spalle incisioni con autori brasiliani come il chitarrista Guinga, il pianista Andrè Mehmari ed un intero disco dedicato al choro (Uno a zero per Egea, in quartetto acustico con Patrick Vaillant, Michel Godard e Luciano Biondini), è stato invitato ad insegnare presso l’Officina di musica popolare di Curitiba, e quindi ad esibirsi con l’orchestra in un concerto che viene qui proposto nel duplice formato audio e video. Chi non abbia dimestichezza con la musica brasiliana o rifugga i crossover etnici non deve avere alcun timore: Mirabassi è entrato in contatto con questo mondo musicale  con umiltà e curiosità, studiandone la lingua, sia musicale che parlata, e cercando, prima di ogni altra cosa, la sintonia con  la bellezza e la grazia di composizioni popolari o d’autore che meritano di essere conosciute ed apprezzate universalmente. “Quando l’ho invitato a Curitiba – spiega Sergio Albach -  lui era riluttante, sostenendo di non saper suonare come un vero brasiliano:  basta ascoltarlo per capire che i suoi timori non avevano il minimo fondamento, anzi la cosa più difficile del suonare insieme è stato riuscire a   mantenere la concentrazione dopo i suoi fenomenali assoli”.

Il menu proposto dal concerto “A testa in giù” è una sorta di viaggio all’interno della foresta delle musiche brasiliane, condotta dal viruoso clarinetto di Mirabassi in compagnia di un originale ensemble costituito  da due flauti, tre clarini, tre sax, due trombe e due tromboni oltre agli strumenti a corda e le percussioni: si parte sui ritmi jazzati della scoppiettante “Segura o Sergio” e si arriva alla splendida “Valsa brasileira” di Chico Barque , proposta con una veste sonora quasi classica, una piccola Rapsodia in blu carioca. Durante il tragitto si incontrano l’intimità di “Choro pro Ze” e di “Par Constante” di Guinga (la prima scritta con Aldir Blanc), la festosa parata di “Brilha o Carnaval” di Andrè Mehamari , le folate sonore del tema  di “Temperanca” della clarinettista Lea Freire,  ed il choro “A ginga do Manè” di Jacob de Mandolin, proposta in una veste essenziale con i soli strumenti a fiati ed una percussione. Infamezzate a questi classici, tre composizioni originali di Mirabassi, “Arrivederci e grazie” , “Struzzi cadenti “ e “Chegou” tratte dal cd “Canto d’ebano”, le cui articolate melodie si inseriscono in modo del tutto naturale nel repertorio dell’orchestra.

Il clarino di Mirabassi è come al solito straordinario per virtuosismo, e in parecchie occasioni chi apprezza la velocità e l’articolazione di fraseggio avrà da gioire. C’è  però anche da sottolineare la completa sintonia fra il solista ed il gruppo, capace di costruire scenari sonori di grande suggestione  e di offire una vasta gamma di voci , dal flauto al pianoforte alla chitarra, in una comunione sonora che si percepisce vissuta in modo totale.

Forse risiede lì uno dei segreti brasiliani che ha conquistato Mirabassi e potrebbe ammaliare chi decida di aprire questo scrigno, magari rovesciando le proprie convinzioni e mettendosi proprio “ a testa in giù”.

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