V Video

R Recensione

6,5/10

Directorsound

I Hunt Alone

Una delle più emozionanti uscite della Second Language, label diretta da Glen Johnson (Piano Magic, Textile Ranch...), prende le forme e le sembianze di  acustiche sinfonie agresti, pervase di uno spirito “contemporaneo” e propenso  ad aprirsi a commistioni est-europee.

Directorsound per l’anagrafe inglese è Nicholas Palmer, un polistrumentista dall’animo riservato (che è membro dei The A-Lords e della line-up di Mark Fry), dotato di una capacità d’osservazione spiccatamente poetica e dalle idee musicali più consone ad un antico passato dalle radici tradizionali più che ad un presente urbanizzato e frenetico. Chitarre, pianoforte, fisarmonica, harmonium, clarinetto, tromba, bouzouki, balalaika, banjo, ukulele, contrabbasso, dulcimer, percussioni sono gli elementi chiamati ad incarnare le idee e le visioni di Palmer, affiancato da un manipolo di amici (fra i quali segnalerei Chris Cole dei Third Eye Foundation), accomunati dal medesimo desiderio di solcare un territorio emozionale che prescinda le coordinate geografiche dell’era presente, per rivelare agli ascoltatori i suoni e la storia di culture “altre” e vicine allo stesso tempo.

I Hunt Alone è stato registrato durante l’estate del 2011 e nelle intenzioni dell’autore doveva costituire una sorta di poema sonoro dall’impianto narrativo basato su tematiche horror-folk, teso a rievocare le atmosfere del viaggio compiuto da Palmer in Transilvania, sui luoghi di Vlad III di Valacchia, più noto come Vlad l’Impalatore, che tanto ispirò Bram Stocker. Tuttavia non si può dire che la musica evochi ambientazioni tipicamente orrorifiche, sebbene le location hanno gli inequivocabili colori dell’entroterra rurale con tutte le sue simbologie, almeno come questo esiste nell'immaginario collettivo (boschi, sentieri, città diroccate, selciati, il profumo dei secoli). I toni sono dimessi e malinconici e sembra esserci più spazio per la ricerca di suggestivi esperimenti acustici che non per il perseguimento della colonna sonora di un film immaginario.  Tuttavia Sun Dazed And Dancing dai connotati balcanici sottolineati dalla fisarmonica che scandisce la mesta melodia, inaugura una delle ispirazioni portanti del progetto rispondente al nome di Directorsound. Nocturne For Grace è una delle composizioni più toccanti di tutto I Hunt Alone, il cui tema – un  lento bolero ricolmo di inquieti ricordi – interamente disegnato dal pianoforte, e riecheggiato dalla organetto e clarinetto, assume il sapore onirico che abbiamo gustato nelle soundtrack di Nicola Piovani (in questo caso è strano come riemergano certe idee musicali da La Messa è Finita di Nanni Moretti, film che dubito fortemente Nicholas Palmer abbia mai visto): il bello è che il richiamo al Maestro Piovani prosegue persino nella successiva La Strega e Lo Stolto (anche se qui non mancano accenni agli arabeschi del Yann Tiersen più innamorato dalla danza popolare), segno evidente di un comune rifarsi ad un tracciato sonoro nel quale l’andamento melodico viene destrutturato, cercando l’alterazione della linearità senza mai perdere l’empatia con l’ascoltatore. A timbriche drammatiche o comunque nervose si succedono sempre momenti nei quali la tensione viene sciolta, in un abbraccio tenerissimo.

Serpent  In The Jaws Of October e in Daggers insegue una istanza maggiormente “contemporanea”, anche se resta viva l’attinenza alla musica Klezmer (ancora una volta lo sguardo torna all’Ungheria) che parla con quella sorta di “triste allegria” che le è propria. Pan In Paradise sembra invece iscriversi nel solco dell’ars inaugurata dai Penguin Cafe Orchestra, cercando di fondere in un unico codice sonoro le variegate esperienze della musica Europea, filtrando l’aspetto popolare attraverso la lente del “colto”, senza mai stravolgerne la natura primigenia.

La “maestosità minimale” di Sins Of The Leopard Suite, contenuta nel bonus disc (disponibile per i soli acquirenti dal sito Second Language), prolunga per altri venti minuti l’alta poetica  perseguita da Palmer, ripercorrendo le tematiche ricorrenti del cd principale, trasmettendo altre interessanti emanazioni della personalità del compositore inglese e dando evidenza di una certa attiguità con le argomentazioni dei Clogs.

I Hunt Alone è un disco del nostro tempo eppure fuori da ogni concitazione, da ogni ordine di idee sacrificato sull’altare della modernità: parla di questo tempo, a questo tempo, con la voce di un “cantastorie senza parole” in cerca della sua patria spirituale, con la struggente nostalgia che si porta nel cuore chi sa che potrà visitarla ancora solo attraverso la propria musica.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.