V Video

R Recensione

6,5/10

Paolo Tarsi

Furniture Music For New Primitives

Un pianoforte in una sala di museo popolata da statue orientali. Un programma di autori contemporanei scelti dall’esecutore per affinità culturali, da Arvo Part a Sakamoto, Cage, Glass e Satie. Una sorpresa finale con l’esecuzione di “Nothing Is Real”, titolo del recital mutuato dalla composizione dello sperimentatore sonoro Alvin Lucier, che prevede l’estrapolazione di alcune frasi melodiche da “Strawberry Fields Forever”, la registrazione in tempo reale e l’inserimento del recorder portatile in una… teiera, che viene portata fra il pubblico in segno di simbolica offerta musicale. Tutto previsto in partitura. Ed eseguito alla lettera, davanti ad una platea spiazzata, dal pianista marchigiano Paolo Tarsi, musicista contemporaneo, allievo di Luis Bacalov e protagonista di collaborazioni con diversi esponenti del rock italiano, da Litfiba a Calibro 35, Diaframma, CSI ed Area. Ce n’era abbastanza per far scaturire la curiosità di ascoltare una sua opera autografa e “Furniture Music For New Primitives” del 2015 , a cui hanno fatto seguito l’Ep “Petite Wunderkammer”  nel 2016 ed il cd “Loops In Cage” quest’anno, conferma l’interesse per un musicista che sembra volere sfatare tutti i clichès della musica contemporanea.

Se infatti nel disco è intuibile la matrice iterativa tipica dei musicisti amati da Tarsi, prevale qui un metodo basato sulla composizione modulare e gli incroci fra i diversi registri strumentali, nella varietà rappresentata da tastiere  elettriche ed elettroniche, fiati, chitarre, archi e persino la trikanta veena di Paolo Tofani, storico ed attuale componente degli Area. Un approccio che, negli episodi più riusciti, lascia intravedere luce nuova in grado di diradare le fitte cortine di nebbia intellettuale che spesso aleggiano sul panorama della musica contemporanea.

Dreamtime” inaugura il programma con flebili trame di hammond su cui si posano i soliloqui del clarinetto basso di Roberto Paci Dalò, “Cluster n2” è una lunga ed articolata improvvisazione del chitarrista Diego Donati, sviluppata sul tappeto intessuto da organo, vibrafono e dal sax di Enrico Gabrielli, “Electric Sakhuin” sfrutta un’originale invenzione timbrica per costruire, tramite il quartetto Junkfood, una piccola magistrale suite che coinvolge elettronica, ambient e post rock, alternando una prima parte ripetitiva e glaciale ad un crescendo esplosivo nel quale tutta l’energia repressa sembra trovare sfogo. “In The Total Animal Soup Of Time” emana flebili segnali elettronici che segnano il sentiero per le profonde volute del clarinetto basso, in un clima che richiama certe atmosfere del Sylvian più recente.  E se “A Lenta Percezione” e “The Melody Haunts My Eeverie” indulgono forse eccessivamente sulla sovrapposizione dei clusters di hammond, la conclusiva “Construction Dans L’Espace Et Le Silence” propone una stimolante combinazione fra  il rigoroso sfondo cameristico del quartetto d’archi Maurice e le divagazioni di Tofani sulla chitarra autocostruita, dalle sonorità simili ad un sitar elettrificato. Paolo Tarsi sembra avere in corso una ricerca che, appena iniziata, merita attenzione ed incoraggiamento per esiti  che si augurano imprevedibili.  

Come recita una voce nel cut up finale dedicato a William Burroughs: “tutto è permesso”.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.