Gram Parsons
G.P.
G.P. è uno dei due dischi solisti di Gram Parsons realizzati assieme alla compagna Emmylou Harris e pubblicati nello stesso anno della morte prematura dell'artista, a soli 26 anni. In entrambi i lavori Parsons porta a compimento le esperienze maturate nei Byrds di "Sweetheart Of The Rodeo" e nei suoi Flying Burrito Brothers riuscendo pienamente nel tentativo di dare vita a una commistione equilibrata tra country non prettamente nashvilliano, soul e accenti rhythm and blues e perfino gospel chiamata dallo stesso nativo della Florida, Cosmic Americana Music.
La prima canzone del disco, "Still Feeling Blue", è subito una dichiarazione di intenti e si dipana splendidamente grazie a un drumming corposo come non mai e all'apporto evocativo di banjo e steel guitar, mentre la voce della Harris splende di luce propria nella più introspettiva "We'll Sheep Out The Ashes In The Morning". La successiva "A Song For You" è senza dubbio uno dei capolavori del disco, forte del delicato organo di Glen Hardin e di un incipit di alta carica emotiva ("Oh my land is like a wild goose wanders all around everywhere trembles and it shakes till every tree is loose it rolls the meadows and it rolls the nails..."), mentre "Streets of Baltimore" è un country tradizionale che ci trasporta verso la splendida "She", impreziosita da un violino brividifero e da un testo significativo ("she, she came from the land of the cotton land that was nearly forgotten by everyone and she, she worked and she slaved so hard a big old field was her back yard in the delta sun...").
La tensione si stempera con "That's All I Took", in cui è sempre presente il violino di Byron Berline e il potente rhythm and blues di "Cry One More Time" sorretto dal sax di Hal Battiste, nonchè dalla conclusione affidata al brano rock'n'roll del disco, quella "Big Mouth Blues" che mette in risalto la fondamentale presenza dell'allora chitarrista di Elvis James Burton. Lo sforzo in direzione di un country-gospel non artefatto in "Kiss The Children" e quello lirico di "How much I've lied" vanno a completare degnamente lo spirito di un disco senza tempo. Buon ascolto
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