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R Recensione

8/10

Balaclavas

Roman Holiday

Avviso ai futuri ascoltatori di “Roman Holiday”: dimenticare le vacanze romane dei Matia Bazar. Quello dei texani Balaclavas, al debutto sulla lunga distanza, è un viaggio da incubo, che porta nell’impero alla fine della decadenza, in un odore di marcio e decomposizione, tra paranoia e gran mascherata dell’orrore. In una marea di riprese new wave, nessuno ancora si era inoltrato nei territori dark-gotici come questo trio di Houston, alla ricerca già da un paio di interessanti Ep delle frange più destrutturate e tenebrose dei suoni post-punk tra ’70 e ’80.

In questi sette brani ci si inabissa negli scantinati più umidi e claustrofobici di quella scena, attraverso una lentissima immersione catacombale che parte dai Public Image Ltd del “Metal Box” (certamente il riferimento più riconoscibile) e arriva a dei Bauhaus narcotizzati e infettati dai Chrome. Le tre basilari componenti che fondano il sound dei Balaclavas (pochi gli interventi di synth e drum machine) si muovono, all’apparenza, bendate, ignorandosi a vicenda: la batteria di Chaz Patranella tira dritta in articolati ritmi da trance, qua e là in evidente continuità con alcuni ‘ipnotismi’ tribali di Yaki Leibezeit dei Can (si senta “Vuitton”); il basso, spesso dub-eggiante (ed ecco Jah Wobble), si dibatte nei sotterranei, paludoso, tanto che senza cuffie è spesso difficile cogliere le sue serpentine; le chitarre tagliano, lacerano, sono coltelli o pugnali da congiura (“Vuitton”, ancora), secche e strappate. La complessa struttura finale, comunque al di qua dell’avanguardia, è la somma di deliranti a-solo, l’addizione di monologhi psicotici.

Il disco, allora, trasuda una teatralità malata, anche grazie all’interpretazione vocale di Tyler Morris, istrionica e potentemente artefatta (“Roman Holiday”), che dribbla Lydon per trovare un’originalità piena di pathos, risultato di un ibrido tra recitativi e cantato. Sembra di assistere a una messinscena espressionistica, magari in installazioni post-industriali (“Up The Newel”: Nine Inch Nails?), per un effetto di tetraggine cupa e totalmente priva di luce, alimentata dalla produzione asfittica. “Night Worship”, unico momento di tregua, suona in realtà come una ballad jazzy da bassifondi puzzolenti, ricamata com’è dal sassofono di Ralf Armin (ex Culturcide), tra refoli di una sensibilità vizza alla Tuxedomoon. Pura angoscia sono “True Believers”, il cui riff sembra un lacerto surf-rock calato come deus (o meglio, diabolus) ex machina in una danse macabre, e la finale “Runes”, splendida gemma strumentale che luccica di un’oscurità impenetrabile: Joy Division + I Love You But I’ve Chosen Darkness (“The Owl”) per un pezzo che, tra glacialità e sangue post-punk, è già da piccolo culto.

Nei vinili (solo 550) è disponibile un codice per scaricare l’album e un mix techno-punk di “Vuitton”: il brano, già fenomenale, diventa definitivo, in otto minuti trascinanti che trovano l’apice nei vortici a mulinello dei ‘ritornelli’, basati su un’armonia discendente che risucchia nel gorgo.

Per anime scure. Una manna.

V Voti

Voto degli utenti: 6,4/10 in media su 7 voti.

C Commenti

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tramblogy alle 19:09 del 17 marzo 2010 ha scritto:

in copertina una scena di battle royal??

target, autore, alle 19:21 del 17 marzo 2010 ha scritto:

No, è da "Io, Caligola" di Tinto Brass!

simone coacci alle 19:46 del 17 marzo 2010 ha scritto:

RE:

Un filmone quello. Dehihihoh. All'estero lo venerano come un oggetto di culto. Anche questi Balaclavas però non sono male. Davvero niente male.

Roberto (ha votato 7 questo disco) alle 22:45 del 19 marzo 2010 ha scritto:

Raccolgo subito con piacere l' invito per le "anime scure" . . . aggiungendo che questi Balaclavas non sono male. L' influenza di PIL, Killing Joke e Tuxedomoon mi pare preponderante. Oltre ad echi lontani di Cabaret Voltaire e Test Dept. E per quanto mi riguarda è già abbastanza come inizio. A loro l' onere di una prova futura all' altezza. A noi non resta che attendere . . .

FrancescoB alle 9:00 del 20 marzo 2010 ha scritto:

La recensione mi incuriosisce tantissimo. Da malato di dark-wave non posso che provare al più presto.

hiperwlt alle 22:45 del 28 marzo 2010 ha scritto:

primo ascolto di notevole impatto emotivo. potrebbe diventare ciò che è stato per me nel 2009 "two dancers" (ovvero il miglior album dell'anno).

dario1983 alle 15:32 del 9 aprile 2010 ha scritto:

Ma come posso procurarmelo??? Non ho trovato nulla nè via Torrent e nemmeno su You Tube!

target, autore, alle 15:45 del 9 aprile 2010 ha scritto:

Beh, sul myspace ci sono due pezzi. Il resto lo trovi su soulseek senza troppi problemi. Detto questo, il vinile (appena 550 copie) è molto bello, e costa un cazzo (17 euro spese di spedizione comprese). Ne vale la pena!

dario1983 alle 15:49 del 9 aprile 2010 ha scritto:

RE:

Grazie mille Target. Credo proprio che comprerò il vinile!

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 13:55 del 20 aprile 2010 ha scritto:

Un dischetto mica da poco...Dubboso, colmo di riferimenti illustri (Bauhaus, Killing Joke, PIL...come da te illustrato), oscuro, claustrofobico...Un piacere insomma. Derivativo? Forse, ma poco importa.

target, autore, alle 15:41 del 20 aprile 2010 ha scritto:

Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto, cas! Mi spiace non aver messo un video dal Tubo, ma purtroppo non gira ancora nulla. In compenso sul myspace è stata aggiunta la versione remix di "Vuitton": da ascoltare! (Ah, cas: i Nice Face te li sei sentiti? Quelli sono tuoi al cento per cento!).

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 16:20 del 20 aprile 2010 ha scritto:

RE:

si si li conosco. nel 2008 in particolare ero andato in fissa con le uscite Sacred Bones e loro avevano prodotto qualche mini ep se non sbaglio...provvederò ad ascoltare la nuova uscita allora!

loson (ha votato 7 questo disco) alle 18:17 del 20 aprile 2010 ha scritto:

Sono i PIL riflessi in uno specchio noise, volendo fare i sempliciotti. Fin dal primo brano mi sono venuti in mente i Jesus Lizard (sono l'unico?), sia per la voce distorta e monocorde (e qui anche gli Unsane andrebbero tirati in ballo) che per le geometrie chitarristiche in puro stile Levine, ma rese ancora più ulcerose. La cosa interessante di questo disco è, in sostanza, che l'approccio noise costituisce l'espediente "estetico" con cui si è deciso di rinverdire i fasti wave di PIL, Bauhaus, Killing Joke e Liquid Liquid (tutti nomi che, bene o male, hanno influito notevolmente sugli sviluppi del rock più estremo degli '80s e dei '90s, ingese e non). Per il resto: bei pezzi (la title track, "Up The Newel" - che sembra una versione leggermente snellita degli Scorn più industriali -, "Night Worship" e le sue spirali chitarristiche, il gustoso remix di "Vuitton") e una base ritmica semplicemente micidiale. Bella proposta!

REBBY alle 16:51 del 14 maggio 2010 ha scritto:

Addirittura il tuo disco preferito sinora Francesco, marò e io che non l'ho ancora

ascoltato.

target, autore, alle 17:10 del 14 maggio 2010 ha scritto:

Sì, sì. Senza dubbi. Solo sette pezzi e mezzo (lo stupendo remix di "Vuitton"), ma eccezionali. Roba che sanguina e che dura.

Alessandro Pascale (ha votato 8 questo disco) alle 12:10 del 10 agosto 2010 ha scritto:

fico

oggi ascoltandolo con calma sono finalmente riuscito ad apprezzarne tutte le sfumature. D'altronde con questi riferimenti stilistici non poteva non piacermi