Black Tape For A Blue Girl
Remnants of a Deeper Purity
If only I could taste one drop of your unhappiness;
If only I could live again within your mystery;
If only I could capture the essence of purity.
Reawaken me, entranced by flesh and lace
A beauty haunts me, and encompassing embrace.
No more lies, no more lies.
The vulture has poisoned my garden
Fear, insecurities, shaped my actions.
Redefine pure faith for me,
Redefine pure faith for me.
[Black Tape for a Blue Girl, “Redefine Pure Faith”, 1996]
La morte come rinascita dello spirito, purificazione dalle macchie dell'anima.
L'introspezione e/è la salvezza.
Questi sono i Black Tape for a Blue Girl, questo è Sam Rosenthal, poeta-filosofo-compositore-produttore-musicista-non musicista (come lui stesso vuole essere chiamato). Uno dei pochi geni della musica contemporanea ancora in vita, insieme a Jasun Martz, Roy Montgomery e pochi altri. Il re-inventore della dark-wave. Nato e cresciuto in Florida, fonda nel 1983 la Projekt Records, etichetta discografica che in breve tempo diffonde le sue prime composizioni elettroniche: Rosenthal è infatti tastierista, oltre che magnifico mecenate della musica. Trasferitosi in California per completare gli studi, infatti, forma nel 1986 i Black Tape for a Blue Girl, armato da un preciso progetto sonoro: reinterpretare la musica dark-wave e affidarne i propri arrangiamenti (delicatissimi!) a un substrato di minimalismo elettronico (la base dei synth) e di austera classicità. Questa unione tra sensibilità gotica e sacralità classica “da camera” risulterà fin da subito il loro tratto distintivo.
Ma non è solo a questo che si deve l'importanza storica, oltre che musicale, di “Remnants of a Deeper Purity”, datato 1996. C'è una voce, più voci, dietro il sipario. Me ne bastano due tra le tante che Rosenthal ha 'ingaggiato': Oscar Herrera, timbrica baritonale di matrice (stra)classica, quasi lirica, e Lucian Casselman, purissimo soffio vocale. E c'è un altro elemento da prendere in ultima analisi: la “profondità” e “l'immensità” della loro potenza sonora. Ok, avete ragione, sono parole abusatissime nel linguaggio musicale, eppure mai come in questo caso il suono raggiunge punti così bassi, così tragicamente carnali. Questi “resti di una purezza più profonda” sono frammenti di poesia talmente commoventi che possono condurre dritti all'oblio. Poi non dite che non vi avevo avvisato.
...e allora “profondità” sia: terra scavata: grotta nera: pozzo infinito: unghie che perforano la pelle. In cerca di cosa? Degli abissi dell'io, di quel fuoco che arde dentro ognuno di noi: del “legno delle passioni” che lo alimenta, delle “scintille dei sentimenti”. Iniziamo il nostro viaggio addentrandoci nei labirinti della anima umana con “Redefine Pure Faith”, splendida apertura mistica, dettata nei tempi da una scansione austeramente sacrale (le campane sintetizzate dell'avvio); segue la profondissima voce di Herrera, teatrale nella sua impostazione. La chiusura è affidata a una dolce sonata per pianoforte, sulla scia di una tenera ninnananna. Incredibilmente struggente il testo, che potete leggere all'inizio della recensione, magari mentre ascoltate il brano.
E' solo l'orlo di quel baratro di tristissima malinconia che fin dai prossimi minuti imprigionerà anima e corpo nostro; e noi lì, a guardarci cadere, sconfitti da così tanta bellezza sepolcrale.
Now my child, you would be five; through everything by my side
In this Fin de Siecle spirit; this age of selfishness
Did we permit everything to slip away?
Did I lose everything I believed in?
Is there no tomorrow? Only thoughts for today
Is there no tomorrow? I trusted you
Should you have been brought into this cold dark world
Fatherless, abandoned with our child within
In this life there are no fathers not on heaven nor on earth
We spend our life searching for this lost fragment of our soul
Immersed in self-indulgence is there no hope for beauty?
Whose arms are big enough to hold my fears?
Already I have more than I can bare.
This life I once opened to joy
Now lies twisted in pain
This is dying and not loving
The honey now flows with blood
I will die with this guilt... knowing I betrayed myself.
[Black Tape for a Blue Girl, “Fin de Siecle”]
“Fin de Siecle” è l'immersione nel dramma: incontro-scontro tra sonorità moderne e melodie classiche; la base ambient-gotica di Rosenthal e i meravigliosi intrecci di violino di Viki Richards. In questo mare di caldissima terra, la voce della Casselman ci lega con le sue corde eteree e velate. Segue “With My Sorrows”, altra grandissima prova vocale di Oscar Herrera, liturgica nel suo andamento, che chiude il brano con una sorta di nenia religiosa spagnoleggiante.
I demand you return all the love I gave to you
How can I ever trust again?
This poison forbids my new hopes
How can I take our love and find purity?
I loved you so desperately;
I believed your every word
Yet I've watched you emerge from mother's bed
For you have taken my heart and fed it to snakes
This girl who sleeps in the garden of shards
I cough this blackened breath,
A shallow path
Wearing my own hopes as your disguise
For you will burn your wings upon the sun my love
You deserve nothing from me anymore.
[Black Tape for a Blue Girl, “For You Will Born Your Wings Upon the Sun”]
E ora, IL capolavoro dark-wave per eccellenza: “For You Will Burn Your Wings Upon the Sun”. La desolazione del tappeto drone-ambient delle tastiere unita alla poeticità del violino di Richards e del violoncello di Mera Roberts aprono le danze della lunghissima suite orchestrale, manifesto assoluto e imprescindibile della musica gotica da camera, nonché suprema opera d'arte di Herrera, qui ispirato da un fervido lirismo, e di Rosenthal stesso. Tutto questo fino al nono minuto; dopodiché, e fino alla fine del brano, solo vuoto cosmico, denso di strofinate gravi del violoncello, in nome di un'alienazione crepuscolare deformata fino alla rarefazione.
Il crescente alone di pathos che trasuda l'intero brano definisce e immortala quello che è il pensiero filosofico pessimista di Rosenthal: la (ri)nascita vista come elemento chiarificatore del “messaggio di vita”, di una rivelazione che dura però pochissimi attimi e che è destinata a (ri)perdersi negli antri oscuri della nostra anima nuovamente contaminata. Questa immersione sensoriale continua con “Wings Tattered, Fallen”, letto ambient tra gli echi angelici della Casselman, e “Fitful”, ventilata dilatazione di vibrazioni vocali e strumentali fittamente intrecciate tra di loro.
Viene poi la traccia omonima, “Remnants of a Deeper Purity”, ballata acustica in cui il corpus strumentale si amplia e fa spazio a chitarra e tamburi, seguiti dal solito binomio violino/violoncello e dalle due voci in sovrapposizione di Herrera e della Casselman. Sicuramente la più “ritmata” dell'intero album.
Superata la lenta “Again, To Drift”, sospesa in aria per opera dei sintetizzatori e cullante nei suoi movimenti secondo i tocchi del pianoforte (ai limiti di una ninnananna), arriviamo alla traccia di chiusura “I Have no More Answer”: è l'ultima strofa della poesia dei Black Tape for a Blue Girl, l'ultimo grandissimo esercizio vocale della Casslman; un sound in continua ripetizione, fluente e delicato nelle sue note di pianoforte, simil post-rock verrebbe da dire. Finisce così “Remnants of a Deeper Purity”.
Lascio cadere ora un velo di religioso silenzio, affidandovi ai versi del poeta romantico Wordsworth, per farvi gustare appieno ogni singolo attimo, ogni accordo, ogni carezza di questo straordinario capolavoro musicale.
A slumber did my spirit seal;
I had no human fears:
She seemed a thing that could not feel
The touch of earthly years.
No motion has she now, no force;
She neither hears nor sees;
Rolled round in earth’s diurnal course,
With rocks, and stones, and trees.
[William Wordsworth, “A Slumber”, 1799]
La morte come consacrazione dello spirito, protezione da ogni contaminazione terrena. L'insensibilità e/è la salvezza.
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