CONFRONTATIONAL
A Dance of Shadows
Partiamo dalla fine: quel Cody Carpenter che figura come ospite in "To Live and Die on the Air" altri non è che il figliolo di John Carpenter, noto regista e sceneggiatore di pellicole horror e non solo. Come alcuni di voi sicuramente sapranno, Carpenter padre è anche un ottimo compositore: sue sono infatti le colonne sonore di molti film, suoi ("Halloween", "Fog", "1997: Fuga da New York") e di altri ("Il signore della morte"). Chi lo ha visto dal vivo nelle sue recenti apparizioni italiane ha raccontato di esibizioni musicali e visive strepitose. Anche Carpenter figlio è un ottimo musicista, attivo soprattutto con l'alias Ludrium e alle prese con sonorità progressive decisamente "spaziali" (potete ascoltarlo qui).
L'immaginario "ambientale" lo avrete quindi intuito: fantascienza, orrore, sintetizzatori, anni '80, luci sinistre e porte scricchiolanti. E qui c'è il secondo indizio (perchè mica è finita qui): "Halloween", "Christine la macchina Infernale", Stephen King, gli anni '80, l'heavy metal. In "Script" fa la sua spettrale comparsa anche Warren Trevon, ovvero il chitarrista e cantante dei figli degeneri degli Slayer, gli americani Sadus. E siccome le cose non sono già abbastanza complicate, questa bolgia composta da horror e metal, da sintetizzatori e alieni mutanti, dovete immaginarla in una vecchia discoteca abbandonata tra gli arbusti e le spiagge della Sardegna.
Già, perchè CONFRONTATIONAL altri non è che Mr. Massimo Usai, giovane cagliaritano del quale (al momento) sappiamo solo che ha militato nei Dahlia Indaco e che ha tirato fuori un disco eccellente, che si intitola "A Dance of Shadows" e si muove minaccioso tra i dark sopravvissuti al ciuffo di Robert Smith e ai vestiti dei Bauhaus ("Flat/Line"), i Goblin che suonano in qualche scantinato per pochi e oscuri ballerini ("Shadowdancing"), i sintetizzatori ritrovati nella cantina di Giorgio Moroder e riassemblati con il nastro nero ("To Live and Die on the Air") e i residui proto-Nine Inch Nails avvolti nella nebbia di Rue Morgue ("Like A Curse", con la chitarra di Monte Pittman, chitarrista di Madonna ma anche dei Prong).
Un disco bellissimo, nel quale più che il dimostrato conta il suggerito, in evidente corrispondenza con l'immaginario cinematografico rappresentato. E questa ve la spiego: la sacralità oscura e la presenza malefica che sbuffa fumo sulfureo tra i solchi di "A Dance of Shadows" non hanno nulla nè del cinema splatter nè dell'heavy metal, ma rimangono suggestioni nel pop elettronico che vive e impressiona solo grazie all'alone di mistero e di minaccia incombente, proprio come il mostro che, nascosto tra i cespugli, sorrideva mentre spiava la bambina bionda che correva con i pattini a rotelle nel parco. Erano gli anni '80 e ormai siamo tutti adulti, ma non abbiamo mai smesso di guardare sotto il letto prima di spegnere la luce.
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