R Recensione

6/10

Network

Titanus

A proposito di questo primo e finora unico lavoro, i Network affermano che «il viaggio che il progetto “Titanus” descrive ha una natura indispensabile e un carattere affettivo. La necessità di esprimere, con il linguaggio che più ci è favorevole, cioè la musica, uno stato di cinesi emotiva che fino ad oggi rischiava di restare senza sfogo, trova in queste nove più una traccia una conseguenza e una casualità propria di ogni atto creativo e d’amore». Questa band proveniente da Ascoli Piceno mi ha colpito molto ma la loro esistenza è stata fagocitata nello sconfinato universo dei progetti underground. Il loro sound è realmente intrigante ma i mezzi a disposizione paiono così amatoriali che il prodotto finale paga un forte prezzo in termini di sonorizzazione, di editing finale e di mastering. Altrettanto interessante è l’utilizzo dei loop royalty-free che, ad uno abituato da anni a smanettare con i software di produzione audio, sembra una scelta creativa piuttosto forte (come forte fu la scelta dei P.G.R. di inserire loop targati Sony nella strepitosa “Cronaca Del 2009”). I Network sono attivi dal 1984 ma solo nel 2006 sono riusciti a confezionare questo lavoro, che nelle atmosfere ricorda Titano, il pianeta freddo, lontano ed inospitale per eccellenza.

Tecnolight” è un po’ l’emblema della musica contenuta in “Titanus”, una sorta di pop radiofonico, molto tropicale, con incerti rimandi al dub e al funky; segue “Gilbert” con una buona scelta strumentale, rintracciabile soprattutto nel basso pieno di Maurizio Morelli, che rende il pezzo assimilabile ai primi New Order. La vibrante voce di Iuri D’Emidio intona un motivo apprezzabile anche in “Per Te”, e ancora loop di sax e linee di piano elettrico per rendere un pizzico più umano il prodotto finale. Decisamente electro la successiva “Mani False”, con una struttura molto vicina ai Funky Lowlives o ai A Certain Ratio, finché la traccia non vira verso esplicite contaminazioni arabesche: è qui che la lunga gavetta ai campionatori vien fuori, creando un trattamento sonoro molto buono. A questo punto arriva “Montecarlo”, il pezzo migliore, con la sua travolgente carica spanish; lo spoken word in spagnolo è meraviglioso, così come l’attitudine balearica, facendo dimenticare per un attimo il mood gelido del disco. Le similitudini qui sono tante e personalmente trovo avvincente la vicinanza di questa traccia con alcune release estive di José Padilla. È il momento ora di “Risonanze”, canzone in vecchio stile Erasure, con effetti ambientali di ottima scelta, ed eccellente è pure il tappeto di beat, per non parlare del testo, incentrato sull’andatura del tempo e sulle sue conseguenze. L’impostazione classica della voce viene punteggiata da un basso che spesso rimanda al funky e dalle chitarre di Emidio Guidotti di volta in volta trascinanti o introspettive. “Tracce”, con un incipit apertamente lirico, svolta presto verso il funky più spavaldo, con percussioni in grande spolvero e tastiere infuocate, per non parlare dello slapping sulle corde del basso. “Order Two” parte invece in reverse e subito diventa un pezzo degli Underworld mentre la chiusura di “Titanus” è affidata alla docile title-track, con una ghost track misteriosa e perturbante che mischia in un attimo sperimentalismo e cantautorato, pop e big beat.

L’idea madre di “Titanus” è affascinante ma il prodotto discografico è un’opera monca, nel senso che sarebbe potuto diventare un disco fantastico ma fonici e tecnici del suono hanno amalgamato talmente tanto i segmenti audio da far sembrare l’intero lavoro dei Network un’autoproduzione homemade. Non ci resta che attendere un nuovo album dei NTW, sperando che stavolta le componenti tecniche siano di livello superiore.

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