R Recensione

7/10

Occhi In Apnea

Fuori Stagione

Che arrivino fuori tempo massimo come affermano nel foglietto di presentazione del disco è indubbio. Fuori stagione sia rispetto alla gloriosa stagione underground italiana degli anni ’80, sia rispetto al carrozzone revival wave svoltosi a livello europeo nei primi anni ’00. Eppure nonostante la consapevole inattualità storica Fuori stagione affascina terribilmente, trovando il giusto trait d’union tra alt-rock, folk-punk e quel dark-wave di una stagione che in Italia ha visto trionfare gruppi come Litfiba e Diaframma.

Non stupisce quindi che siano proprio questi ultimi le principali influenze per gli Occhi in Apnea, soprattutto quando canta Cristian, dallo stile rigido, parlato, un po’ a scatti come era solito usare il primo Ian Curtis. Prima di continuare però una precisazione: se paragono Cristian a Curtis bisognerà ovviamente prendere atto 1) che il paragone è quantitativo, non certo qualitativo, 2) che io non conosco Cristian, né Rachele, Alessandro e Marco che compongono il gruppo romagnolo. Se ne parlo come fossero dei vicini di pianerottolo è semplicemente perché sia sul web che nelle note del disco i quattro giovini pare non abbiano voluto scoprire i propri volti nascondendo i propri cognomi. Scomodo lo so, ma tant’è, basta saperlo.

Chiusa la premessa possiamo andare avanti, e riprendere dai rimandi ai Diaframma, aleggianti ad esempio in Nuvole a caldo e in Vite: entrambe composizioni squisitamente dark-wave cui si aggiungono nel primo caso sensibili scatti e tensioni verso il punk e il noise, nel secondo una progressione ascendente che riscatta un attacco grungettaro rubacchiato ai Nirvana. Quando invece canta Rachele le cose migliorano ancora di più aggiungendo quel tocco di passione e calore necessario: Wires mostra il lato più folk e sentimentale del disco, con l’emergere di una voce da femme fatale velvettiana, mentre The screen e Interno.bar confermano le doti canore pur con brani più sbilenchi e grungettari vicini allo stile delle Babes in Toyland più pop.

Degne di nota poi le acconciature alla Sonic Youth che spuntano qua e là negli intrecci sonori, particolarmente nitidi ed evidenti nelle scorrazzate chitarristiche di Pago la brezza (brano peraltro in cui notevole è l’enfasi declamatoria) e in Non balli più, dove una lunga apertura musicale introduce ad un alt-rock distorto dove si incontrano intimismo lirico dei Diaframma, sfrenati noise sonici e sensibilità pre-grunge prossime ai tardi Husker Du. A chiudere il parco delle eterogenee e brillanti composizioni un paio di sfilacciati pezzi punk-core dalle venature pop striate (In-between e Finestre verdi), a dare un animo più energico al disco. Fuori stagione è un disco quindi molto interessante, notevole per un gruppo all’esordio discografico che mostra di saper ben gestire materiale sonoro di non poco peso storico.

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