R Recensione

7/10

Judy Dyble

Judy Dyble Anthology: Vol. 1

Ci sono artisti che il destino colloca, puntualmente, nella prima casella del grande gioco dell’oca della fama e del successo, per poi, beffardamente, deviarli verso altre direzioni, armati solo del proprio talento e della determinazione a creare, con il grande fardello di lasciare da parte rimpianti ed occasioni  perdute. La cantante ed autrice inglese Judy Dyble potrebbe essere lo stereotipo perfetto per questa categoria. Nel 1964 ancora in età scolastica, fonda il suo primo gruppo, Judy and The Folkmen, mettendo le prodigiose doti vocali al servizio di un cristallino folk acustico. Quindi, grazie all’amicizia con Richard Thompson, Ashley Hutchings e Simon Nicol, diventa la prima cantante dei Fairport Convention, condividendo i primi passi della principale avventura del folk rock inglese, esibendosi all’Ufo club, cuore della nascente scena underground inglese, in set condivisi con i Pink Floyd agli esordi, ed incidendo le tracce vocali del primo omonimo album della band di Thompson, prima di una separazione che preluderà all’ingresso nei Fairport di Sandy Danny. Un paio d’anni più tardi, siamo nel 1968, grazie alla risposta ad un annuncio sul magazine Melody Maker, entra in contatto con Ian Mc Donald, e ben presto la compagnia si arricchisce della presenza dei fratelli Mike e Peter Giles freschi di registrazione di un album insieme a Robert Fripp. Judy partecipa ad alcune session in studio, che prenderanno il nome di Brondesbury Tapes, aggiunge dosi di folk a quella strana miscela di rock e jazz che ancora non si chiama progressive, e poi nuovamente cambia strada. Parte di quei nastri saranno pubblicati nell’antologia dei King Crimson, “The Young Person’s Guide To King Crimson”, nati dalle radici di Giles, Giles and Fripp quando Pete Sinfield subentrò nel ruolo di liricista a Judy Dyble

La storia della cantante, dopo un’altra breve avventura in chiave acid folk con l’ex Them Jackie McAuley sotto il nome Trader Home ed un tentativo prog jazz in compagnia di  Lol Coxhill, Steve e Phil Miller dei Caravan (Dyble, Coxill & the MBs) diventa, dai primi anni ’70,  il racconto di una vita normale, fuori dai circuiti artistici e con le gioie ed i dolori di una bibliotecaria con famiglia. Poi, a fine anni ’90, l’invito ad una delle periodiche  celebrazioni dei membri dei Fairport Convention, l’iniziale difficoltà a tornare su un palco, ed infine il “ritorno a casa”, trenta anni dopo, fra le armonie folk dei vecchi compagni. E l’avvio di una nuova fase musicale, costruita miscelando vecchie passioni a suoni contemporanei, attraverso una decina di uscite soliste, dal 2004 ad oggi.

Judy Dyble Anthology: Vol. 1” racconta in forma sintetica la storia dagli inizi fino ai primi anni ’80, ed è la prima parte di un trittico destinato a celebrare l’originale storia di questa Joni Mitchell d’Albione. Ci sono gli esordi acerbi, documentati da registrazioni casalinghe del 1964, una lunga coeva improvvisazione con Richard Thompson che vale come documento del clima free di quegli anni, una splendida “Both Sides Now” con i Fairport al completo e l’integrale dei Brondesbury Tapes nei quali si ascolta la chitarra di Fripp lanciare semi per il futuro avvento del Re Cremisi. Una psichedelica “See Emily Play” di Syd Barrett del 1982 è il lascito più recente di questa prima parte del lavoro antologico. Ma, soprattutto, ci sono due canzoni, “Better Side Of Me e I Hear A Song”, registrate fra il 1972 ed il 1973, che rendono esplicito quali traguardi avrebbe potuto raggiungere Judy, se il destino avesse deciso di farla avanzare di qualche casella.

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