P.g. Six

Slightly Sorry

L’ispirazione è un impulso creativo ed improvviso.

Nel momento in cui questa suggestione si manifesta, crea uno stato di trance intuitiva alla quale non è possibile resistere, scatenando un vortice di esaltazione frammista ad intimismo sentimentale.

Pat Gluber, con il suo ultimo lavoro Slightly Sorry, ha decisamente abbandonato le sperimentazioni avant folk, per attualizzare piuttosto un certo passato della storia della musica popular, fatto di un folk rock classico e passionale: stavolta ha seguito solo la sua ispirazione.

Proprio questa ispirazione attinge a piene mani dai ricordi della fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta: ecco allora che viene tentato un aggiornamento abbastanza riuscito dello stile Nick Drake sulle ballate, si fanno notare leggerissimi strati di folk revival alla Van Morrison ed in alcuni momenti ritornano alla memoria i Jefferson Airplane più classici (soprattutto la vena chitarristica di Kaukonen).

Insomma, i precedenti album Book of Rayguns e The Well of Memory appaiono oramai solo sotto forma di reminescenze.

Un disco piacevole che si lascia ascoltare senza troppe pretese, che trova i suoi momenti migliori nella ruralità movimentata dell’intro strumentale di Untitled Micro Mini , nel fingerpicking che introduce la voce dell’ospite femminile Helen Rush in The End of Winter e nella preghiera elettrica di Bless These Blues.

Le emozioni che cerca di trasmettere Gluber, sembrano opache se si presta loro solo una superficiale attenzione, ma diventano cristalline una volta assaporata a pieno l’intimità compositiva di questo musicista.

Aver momentaneamente abbandonato un certo tipo di sperimentazione non vuol dire averla ripudiata per sempre, aver cercato di esprimere una musica più sentimentalmente personale non vuol dire aver creato un prodotto scadente: se invece per qualcuno questo disco dovesse essere scontato e banale, Gluber non può far altro che scusarsi e sentirsi Slightly Sorry.