R Recensione

7/10

Spiritualized

Songs in A & E

Sembravano ormai congelati gli Spiritualized dopo Amazing disgrace (2003). Cinque anni di assenza sono tanti per un collettivo che in oltre quindici anni di carriera (comprendiamo anche l’esperienza Spacemen 3) ha superato abbondantemente la decina di dischi. Ma i numeri lasciano il tempo che trovano e il problema più grosso per Jason Pierce, storico leader della band, era capire in che direzione rivolgersi dopo la vibrante svolta di Amazing disgrace e il suo recupero di sonorità rock-blues meno ovattate e più sferzanti. Una mossa obbligata all’epoca, per evitare di precipitare sempre più nella melassa pomposa e barocca che prefigurava Let it come down (2001). Proseguire sulla strada del ritorno al rétro rude o provare a ritrovare quell’equilibrio compositivo tra shoegaze, psichedelia e garage di aveva caratterizzato i primi spettacolari dischi?

In mezzo a questo dubbio amletico c’è però qualcosa di ben più concreto come il lettino d’ospedale in cui Pierce si è visto scorrere la vita davanti mentre rischiava di passare all’altro mondo. E questo episodio si riflette notevolmente nelle composizioni di Songs in A & E, che se ad un aspetto superficiale superficiale sembrano optare per la strada di un ritorno al candore orchestrale dei vecchi tempi in realtà rimangono indelebilmente marchiate dalla voce roca, flebile, quasi increspata di un Pierce miracolato che si sorprende a sussurrare con una sincerità sconcertante. Un tipo di cantato che rievoca per certi versi l’ultimo Johnny Cash di American V. Si sente quel qualcosa che va “oltre”, che sfonda il mero aspetto artistico del brano e va a toccare un’essenza sconosciuta e primordiale, quasi come uno di quegli squarci nell’assoluto di cui parlava Montale.

È questo aspetto che rende Songs in A & E il miglior disco del gruppo dai tempi di Ladies and gentlemen we are floating in space (1997). Non tanto per le sue composizioni che restano poco più che elementari (la ninna nanna Goodnight goodnight) o impreziosite dalla solita elegiaca raffinatezza orchestrale (Soul on fire, Don’t hold me close, The waves crash in) che però non riesce a nascondere una certa pochezza di fondo.

Non mancano però le ballate davvero intense e riuscite come Borrowed your gun, la malinconica Death take your fiddle (ricordi degli ultimi Warlocks spalmati di folk-blues), la morbida Sweet talk (in cui si fondono mirabilmente gospel e soul) e l’atmosfera sognante e notturna di Sitting on fire.

E in mezzo a tutto questo candore per fortuna Pierce riesce a piazzare qualche accelerazione in grado di tenere sull’attenti l’ascoltatore: I gotta fire è un incrocio perfetto tra Rolling Stones e i loro epigoni Primal Scream; la trascinante You lie you cheat è un garage-rock elettrico che connette ottimamente il puro feedback a melodie 60s; il riff di Yeah yeah sarebbe degno di entrare tra i classici di Sticky fingers o Exile on main street.

Baby I’m just a fool infine è un curioso free-folk di sapore 70s che sembra incrociare le guasconate hippy dei Brian Jonestown Massacre e un bluesman dei 50s.

Il materiale e l’ispirazione non vengono a mancare insomma, ma quell’onesto languore di cui si è parlato sopra rappresenta allo stesso tempo il punto di forza e il limite maggiore del disco, che non sembra riuscire a concretizzarsi nella sua completezza, rimanendo spesso intrappolato in un’aureola di classicità priva di mordente. Rimane comunque un gran bel sentire per un fredda giornata d’autunno e i fan di vecchia data non potranno certo lamentarsi.

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 3 voti.
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REBBY 9/10

C Commenti

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REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 10:32 del 10 dicembre 2008 ha scritto:

" il miglior disco del gruppo dai tempi di Ladies and gentlemen ... (1997) ... ballate davvero intense e riuscite come Borrowed your gun ... la

malinconica Death take your fiddle ... la morbida

Sweet talk ... e l'atmosfera sognante e notturna

di Sitting on fire. E in mezzo a tutto questo candore per fortuna Pierce riesce a piazzare

qualche accelerazione in grado di tenere sull'attenti l'ascoltatore: I gotta fire ... la

trascinante You lie you cheat ... il riff di Yeah

yeah " Scusate la lunga citazione ma mi sembra il

modo migliore per esprimere la mia adesione

letterale alla recensione. Concordo anche sul voto, tenendo conto della "storia della musica" e

della loro precedente produzione. Purtroppo il 7

dell'arbitro (Peasy) non permetterà a Songs in A

& E di concorrere per un posto nei primi 50 di

quest'anno (posizione che meriterebbe ampiamente

a mio giudizio). Ma sappiamo tutti che il problema degli arbitri è l'uniformità di giudizio,

che è utopia e poi chissenefrega! Consiglio

l'album a Marco e all'amico Cigar'O (suoni con

lui nella band?) nei loro momenti soft magari in

dolce compagnia.

PS x DOOP vedo questa recensione in un formato

diverso (come fosse una brutta copia del recensore) che mi fa tribolare. E' la quarta volta

che riscrivo questo mio breve ...

Alessandro Pascale, autore, alle 17:28 del 14 dicembre 2008 ha scritto:

ti ringrazio del commento e della citazione. In effetti anche io sono rimasto molto combattuto tra il 7 e l'8. in effetti così è un pò sacrificato ma mi sembrava gli mancasse qualcosa... 7,5 sarebbe stato il voto giusto ma amen, va bene così

Utente non più registrato alle 20:20 del 20 luglio 2012 ha scritto:

Ladies and gentlemen...era un gran disco di psichedelia orchestrale; ottimi anche gli Spacemen 3