R Recensione

7/10

Bright Eyes

Cassadaga

Prendete un bimbetto sveglio e iperattivo, magari anche un po’ spocchioso e con qualche segnale di incipiente bullismo, e ditegli di starsene buono per un’ora e di dedicarsi ai suoi compiti di scuola: li farà, li farà bene, risolverà i problemi applicando le formule giuste, ma ne uscirà un po’ annoiato, perfettino, isterilito. E a voi sotto sotto dispiacerà. Questo è “Cassadaga”: un disco esatto e mirato, geometrico; Conor Oberst che, dopo tante uscite irrequiete e fluviali, fa finalmente il bravo. Promosso con voti alti, tanti “buono”, alcuni “bene”, un paio di “bravissimo”, ma con un dieci in condotta vagamente antipatico.

Il disco è quello della maturità. Bright Eyes lo sa bene, e si comporta di conseguenza: rispetto al passato ci sono meno deragliamenti, meno eccentricità, meno arditezze. “Cassadaga” è uno splendido e ripulito album folk rock, con arrangiamenti orchestrali curatissimi, strumentazione ricca e utilizzata con somma professionalità, violoncelli organetti e chitarre al loro posto, cori profusi a man bassa e tante impeccabili melodie. Oberst fa il Dylan della nuova generazione, si incarica di scrivere la colonna sonora della propria variegata America, epopeggia con una sicurezza disarmante e non manca di toccare qua e là i tasti di un intimismo lontanamente premeditato.

Bene, bravo, bis. “Four Winds” è una cavalcata folk quasi perfetta, con una lunga introduzione a base di violini che lancia il pezzo per praterie ad altissima velocità; “Soul Singer In A Session Band” ha un tocco malinconico alla Okkervil River unito al Dylan più sbilenco; “Classic Cars” e “If The Brakeman Turns My Way” sono ballate evocative e splendidamente arrangiate (con passaggi vocali, peraltro, melodicamente simili).

C’è qualche momento più ispirato di altri, come nella mossa e subdola “Middleman” (da colonna sonora, subito), nella sinuosa “Cleanse Song”, arricchita da gradevoli percussioni e persino da flauti, con effetti albeggianti e traslucidi al limite del favoloso, e soprattutto in “No One Would Riot For Less”, certamente il pezzo (oltre che più impegnato) più intenso del disco, con Oberst che sfoggia la classica voce tremula, cori femminili spettrali, un accompagnamento minimale che si potenzia in crescendo fino a suggerire visioni autunnali legnose, i colori delle memorie fuori moda e delle riviste sciocche che con gli anni diventano tragiche. Lirismo sentito.

Bright Eyes ha fatto tutto per bene: non si può rimproverargli nulla. Neppure se in “Make A Plan To Love Me” estrae dal cappello cori melò un po’ pacchiani, da varietà italiano in bianco e nero, e neppure quando in “Coat Check Dream Song” o in “Lime Tree” annoia un po’. La confezione è sapiente, il grezzo è bandito.

E se a noi sgraziato Oberst piaceva di più? Se il cantastorie lo preferivamo un po’ più anarchico e fastidioso? Se le cose fatte troppo per bene ci inducono sospetti? Se pensiamo che a un moccioso così il colpo di genio nascosto tra una canagliata e l’altra si attagli meglio del tema da secchione? Sono obiettivamente problemi nostri, e neppure tanto gravi.

Complimenti a Conor, da Omaha: ogni tanto fare i bravi è cosa buona e giusta.

V Voti

Voto degli utenti: 6,4/10 in media su 7 voti.
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giank 5/10

C Commenti

Ci sono 5 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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DonJunio alle 0:57 del 13 aprile 2007 ha scritto:

ben tornato target....

..io onestamente non ho mai apprezzato conor. La sua prolissità e i suoi eccessi me lo hanno fatto considerare uan sorta di Billy Corgan indie ( o dei poveri), poi dal punto di vista intrinsecamente musicale i suoi album non mihanno trasmesso vibrazioni tali da lasciare il segno...magari proverò ad ascoltare questo.

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 13:47 del 13 aprile 2007 ha scritto:

Bad, bad man

Buon disco, anche se a volte trovo alcune sue composizioni un po' "forzate" dal punto di vista artistico. Ottima recensione.

Bodhisattva (ha votato 7 questo disco) alle 21:07 del 14 aprile 2007 ha scritto:

molto interessante questo autore... conosco soltanto "lua" che trovo una canzone veramente riuscita, anche se forse troppo debitrice dello stile di Elliott Smith. Recensione comunque molto sentita e intrigante

bargeld (ha votato 8 questo disco) alle 15:51 del 24 gennaio 2009 ha scritto:

io sono totalmente di parte perchè adoro oberst dai tempi di Letting Off The Happiness senza capirne davvero il motivo, sono quei bagliori giovanili che ti folgorano per sempre, e da allora non sono guarito... No One Would Riot For Less è stata la mia canzone dell'anno 2007. detto questo ottima recensione (io non avrei mai potuto scriverla perchè il fanatismo mi avrebbe annebbiato la vista e le orecchie), scusate ma non posso esimermi, cercando di stare stretto: otto.

Roberto Maniglio (ha votato 6 questo disco) alle 21:15 del 30 agosto 2009 ha scritto:

Non so perchè, ma non mi convince molto