Greg Weeks
The Hive
Il miglior album del 2008 nel panorama folk? Secondo chi vi scrive è “The Hive”, quarta fatica da solista sulla lunga distanza di Greg Weeks.
Bisogna ammettere che da qualche anno a questa parte il folk sta vivendo un momento di notevole vitalità e di impressionante qualità. In questo 2008, per esempio, di album di notevole fattura ne sono stati pubblicati almeno una ventina inquadrabili nell’ampio e variegato panorama folk (nelle sue più svariate espressioni, folk-rock, pop-folk, folktronica, ecc.).
Ma questo “The Hive” offre qualcosina in più rispetto ad altri autorevoli album pubblicati in questo 2008, in quanto accosta alla tradizione folk-rock medioevale e pastorale spunti di jazz e di musica classica e trame elettroniche, il tutto intessuto di atmosfere oniriche, vagamente psichedeliche.
I fans di Greg Weeks possono apprezzare in questo disco il tentativo del proprio beniamino di giungere ad una perfetta sintesi delle precedenti esperienze artistiche, ovvero lo sforzo di avvicinarsi all’apoteosi della propria espressione artistica.
Greg Weeks, di Filadelfia, US, mente degli Espers, dei Valerie Project e dei Mountain Home, giunge al settimo lavoro da solista, dopo tre album (“Fire in the Arms of the Sun”, 1998, “Awake Like Sleep”, 2001, e “Blood is Trouble”, 2005) ed altrettanti EP (“Bleecker Station”, 2000, “Slightly West”, 2003 e “Train in Vein: Bleecker-Era Outtakes”, 2004).
Chi ne ha seguito con attenzione la carriera artistica, tanto prolifica quanto variegata, non può non ammettere che Greg Weeks è un cavallo di razza. Altresì, è impossibile non constatare amaramente che la sua capacità artistica è stata spesso ingiustamente trascurata da molti tra i più noti ed autorevoli web-magazine italiani e stranieri specializzati in recensioni musicali. Nello specifico, rispetto all’album in questione, i meriti artistici di Greg sono stati addirittura svalutati da qualche critico che, alla costante ricerca della sola originalità o capacità innovativa di un artista, ne ha ignorato il talento e la capacità di esprimere e, in definitiva, la qualità e la forza espressiva del lavoro in questione.
Siamo tutti d’accordo che certamente Greg Weeks non inventa nulla: sono ampiamente visibili le influenze colte dei Pink Floyd e di certo rock psichedelico. Ma è altrettanto condivisibile la constatazione che il lavoro è altamente ricercato e ottimamente curato nei dettagli, come evidenziato anche, ma non solo, dalla notevole varietà tanto delle strumentazioni quanto degli umori. Particolarmente degna di nota l’abile sovrapposizione di chitarre, archi, percussioni e fiati di vario genere che esalta il passaggio dalla cupezza gotica e spettrale di “You Won’t Be The Same Ever Again” all’ariosità più cristallina di “Not Meant For Light”, nonché dalla psichedelia retrò di “Lay Low” alla cover allucinata di “Borderline” di Madonna. Il culmine viene raggiunto nella title-track piazzata al centro dell’album con i suoi nove minuti di trame gotiche e oniriche intessute su ritmi ipnotici da flauti e chitarre acustiche ed elettriche.
In definitiva un ottimo lavoro, raffinato ed elegante, che affianca al genio il mestiere, facendo tesoro di innato talento naturale e consolidata esperienza artistica.
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