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7/10

Psychopathic Romantics

Pretty Prizes

Gli Psychopathic Romantics hanno due anime. Certamente ne hanno una acustica, inquietamente folk, appena accondiscendente al post-rock. Ma ne hanno anche una dolente e rabbiosa: nutrita da una intemperanza senza ombra di dubbio frutto di una lunga macerazione a contatto con il miglior hard rock anni '70 (Black Sabbath, Led Zeppelin...). Ma anche vene gonfie di prog, si vedono ampiamente sulla gola protesa verso l’urlo (con una voce, quella del drummer Mario La Porta, che pare una fusione fra il Peter Gabriel era Genesis e Ozzy Osbourne). Da questa dicotomia scaturisce un album ispirato, a due velocità. Introspezione dolorosa e rabbia stridente, mescolate insieme.

Il disco è fondamentalmente un concept album, con alcune caratteristiche che si rincorrono e con un filo rosso che lo solca dall’inizio alla fine, sia dal punto di vista delle scelte sonore sia sotto l’aspetto delle tematiche toccate. Pretty Prizes, che segue l’esordio di Altered Education del 2007, scaturisce da una amara riflessione su un mondo, su un sistema sociale, che procede sugli stessi logori binari che hanno attraversato la storia dell'umanità: una attenta e pungente meditazione che principalmente è la conseguenza di una osservazione acuta anche della nostra (nostra?) Italia. Democracy’s Pill posta quasi ad inizio è già la bandiera, il manifesto della formazione casertana: sia musicalmente che dal punto di vista testuale (“...la fede che ho adesso continuerò ad averla fra quindici anni? ...Il paese che amo ora continuerò ad amarlo fra quindici anni?”). In Free Barabbas (altro momento cruciale dell’intero lavoro, nel quale il suono di una zampogna che intona “Tu scendi dalle stelle” fa da contraltare al veemente urlo "Barabba libero!"), le liriche rivelano il cuore dolente del loro malumore: oggi come sempre, l’idolatria del colpevole e lo sporcamento della verità, la ridicolizzazione dell’innocente, in un mondo capovolto, nel quale non hanno colpa solo gli aguzzini ma anche chi si gongola nel proprio stato di "anestetizzata coscienza", un ostacolo visivo e mentale "che di tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude"  ..."nothing changed in two thousand years"!

È una band quella dei Psychopathic Romantics che non teme confronti con altre pagine della storia della musica così come con la propria emotività, ma principalmente con la realtà che la circonda e che punta dritta ai contenuti e all'espressività: sebbene non semplice ed elaborata, la loro proposta musicale, anche laddove più intima, non è mai minimale. Pretty Prizes mostra una grande coerenza interna e ogni singola composizione è funzionale ed organica all’intero sviluppo: nulla o poco fuoriposto. Zero fronzoli e molta sostanza. In conclusione le atmosfere si fanno più malinconiche e sospese, emergendo il pieno valore di brani come F. (l’unico cantato in italiano) e 21, un grandissimo strumentale definibile come post-rock acustico (e vagamente rimembrante i Giardini di Mirò meno immediati). Indubbiamente i presupposti per un futuro all’insegna di sopresa e coraggio non mancano: già quel che c’è è veramente molto convincente. Continueremo a seguirli con grande interesse.

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Norvegese alle 9:23 del 28 gennaio 2011 ha scritto:

possiedo il primo album, ed era molto bello...non sapevo di questa seconda opera, ma ho sentito qualche anno fa "Free Bearabbas" dal vivo e mi aveva colpito molto