R Recensione

7/10

Vivian Girls

Everything Goes Wrong

Battono il ferro finché è caldo le brooklyniane Vivian Girls, che nel giro di un anno sfornano, sempre per la In The Red, il seguito al loro omonimo debutto, tra garage rock, punk e orecchiabilità twee pop. Rispetto al rasoiante esordio, che il minutaggio esiguo (22 minuti) rendeva più simile a un Ep, le ragazze aumentano il materiale, confezionando 13 pezzi che continuano a citare gli stessi modelli con spigliata nonchalance.

Perché, dunque, in una marea di rimostranze antiderivative, le Vivian Girls (neppure, va detto, musiciste tecnicamente sopraffine) continuano a piacere? Per due motivi, almeno. Innanzitutto perché sanno scrivere pezzi taglienti e melodicamente efficaci con una scioltezza piuttosto lampante, e la cosa non è quel che si dice un dettaglio. E poi perché quei modelli che riprendono alla lettera sono, oltreché attualmente à la page causa ciclo revivalistico a loro favore, artisti di culto nei sottoboschi indie, e perciò amati anche nelle loro copie carbone e nei loro riflessi postumi.

Più che le riot grrrls, direi, bisognerà tirare in ballo la scena indie pop anglo-americana al femminile tra ’80 e ’90, soprattutto nelle sue tangenze maggiori con la direttrice punk: vorrà dire Shop Assistants, Talulah Gosh, Tiger Trap, Black Tambourine, i primi Lush (ché c’è anche dello shoegaze, soprattutto in questo disco numero due). La naïveté più vivace del C86 viene poi amalgamata dalle Vivian Girls con la poetica post-nothing della cultura lo-fi made in USA più recente (Titus Andronicus, Wavves, No Age, Japandroids), sicché i riff jingle jangle e le melodie zuccherose vengono declinate in un inamovibile scazzo nichilista. Ne erano emblemi, nell’esordio, il tono deadpan e sfibrato di Cassie Ramone e i testi distruttivi (“No”, “I Believe In Nothing”); ne è emblema, qui, tanto per cominciare, il titolo del disco.

Infantilismo e desolazione assieme, dunque: d’altronde Kurt Cobain non amava i Vaselines? E allora le Vivian Girls si sfogano nella furia tagliente di schegge punk sotto i due minuti (“Walking Alone At Night”, “You’re My Guy”, “I Have No Fun” - a proposito di post-nothing: il divertimento non esiste) e poi si dondolano nell’anorak pop avvolto nel riverbero di “Can’t Get Over You” e “The End”. Gli strumenti sono suonati in modo elementare, anche dove sfumature psichedeliche (“Tension”) e traccheggi shoegaze (“Out For The Sun”) variano il canovaccio. Nostalgico-anthemicaWhen I’m Gone” (bella!), nostalgico-comatosa “Before I Start To Cry”, unico pezzo sottoritmo, sempre immerso nel fuzz. Il disco, alla fine, scivola gradevole, pur tra qualche episodio di troppo, forse lasciato per compensazione rispetto al debutto sparagnino.

Andrà anche tutto male, come dicono loro, ma l’impressione è che vada benissimo.

Myspace: www.myspace.com/viviangirlsnyc

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 4 voti.
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REBBY 6/10
babaz 8/10

C Commenti

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REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 11:03 del 26 agosto 2009 ha scritto:

A me pare molto simile all'esordio e a questo punto, pur spiaciuto per le tre fanciulle (anche

per quella con gli occhiali eheh), penso che non

approfondirò la conoscenza ...

otherdaysothereyes (ha votato 7 questo disco) alle 15:19 del 28 agosto 2009 ha scritto:

Sì è molto simile. Per ora va bene, tutto sommato è passato appena un anno dall'esordio e questo secondo disco è altrettanto piacevole e frizzante, ma in futuro non potranno limitarsi a ripetere all'infinito la stessa formuletta che alla lunga potrebbe annoiare...

target, autore, alle 15:27 del 28 agosto 2009 ha scritto:

Hai ragione, Ale: infatti questi sono gruppi che, come molte delle band del passato sopracitate, ne guadagnano in gloria se si sciolgono dopo uno o due dischi. Più facile che finisca così che con una svolta musicale.