V Video

R Recensione

9/10

Sparks

Kimono My House

Ecco come può diventare un classico un disco scritto da un folle dai baffi hitleriani e dallo sguardo da maniaco, cantato da suo fratello, suonato da una band messa in piedi grazie a Melody Maker. Un disco con una copertina spiazzante, dal titolo assurdo, un disco registrato non senza approssimazioni (chitarra troppo bassa, per dirne una), un disco ridicolmente perfetto.

I fratelli Mael di Los Angeles nel 1974 hanno alle spalle già due dischi, ma la loro anarchica tendenza a ricominciare tutto daccapo a ogni album, a partire dai componenti della band e dai produttori, non riesce a dare loro una collocazione comprensibile. Con “Kimono My House” gli Sparks diventano questo: glam rock allo stato selvaggio, pop operistico, Zappa elevato alla seconda e fatto melodia, vaudeville rock, psichedelia cabarettistica, genio incontrollato.

I testi di Ron, umoristici senza mai essere stupidi, appaiono a tratti entusiasmanti, soprattutto messi in bocca al cantato grottesco e modulabile di Russell, che si presta attorialmente a qualsiasi ruolo: in “Here In Heaven” è un morto suicida che rimprovera la propria ragazza, che aveva promesso di ammazzarsi con lui, senza poi averlo fatto; in “Equator” è uomo e donna, e sfrutta tutte le qualità del suo falsetto inimitabile; in “Talent Is An Asset” descrive le attitudini del giovane Einstein.

La musica è travolgente: la chitarra di Adrian Fisher passa da assoli hard-core a rifiniture melodiche minimali, il basso di Martin Gordon è potente e febbrile, la batteria di Dinky Diamond è semplicemente selvaggia, le tastiere di Ron alternano sonorità orchestrali a nenie filastroccanti e giocose, distendono sotto ogni brano un assurdo e labirintico reticolo di note. L’effetto è stordente, pur nella semplicità e nella grezzezza del materiale usato. Basti ascoltare il finale ossessivo di “Equator” (vero pezzo di genio del disco). Alla fine del brano, dopo sovrapposizioni folli, gli elementi si riducono a tre: sembrano la voce di una donna isterica, un sax e un coro femminile, ma in realtà sono la voce di Russell, il mellotron di Ron e la voce di Russell velocizzata. Voilà. Con il contorno degli altri strumenti sembra di ascoltare un blues rock da caffé concerto anni trenta.

Falling In Love With Myself Again” tocca un’intensità di delirio musicale che sfiora l’imbarazzo: l’attacco, sinistro e spettrale, è seguito da un’incongrua apertura valzereggiante. Sembra Zappa calato in una sagra bavarese. “Talent Is An Asset”, con lo xilofono a rifare il verso alla voce sopra un ritmo vorticoso, è trascinante. “Here In Heaven” ha un’atmosfera melodrammatica dietro una linea vocale da ottovolante.

Il fatto è che il camp degli Sparks non pregiudica l’ascoltabilità dei loro pezzi: messe da parte le singole follie, “Kimono My House” è un disco rock terribilmente riuscito. E lo dicono l’atmosfera più orecchiabile di “Amateur Hour”, l’aria crucca di “Hasta Manana Monsieur” (e il melting pot è completo), la tastiera da manicomio di “This Town Ain’t Big Enough For Both of Us”, la canzone degli Sparks per eccellenza: una chitarra squarciante, una voce bizantina, una batteria possente. Rifatta con i Faith No More a più di vent’anni di distanza ha dimostrato di nuovo la sua genialità.

Gli Sparks hanno fatto tantissimo oltre a questo disco, forse pure troppo: altri venti (!) album, toccando i generi più disparati, dall’elettronica con Moroder a un rock americano stile Beach Boys, dall’euro-dance negli anni novanta alla classica applicata al pop. Ma “Kimono My House” resta il loro lascito più duraturo: Queen, Devo, The Darkness, Franz Ferdinand, Futureheads partono da qui. Basti solo dire che questo disco convinse Morissey, parole sue, a darsi alla carriera musicale.

Lunga vita a “Kimono My House”, dunque. Senza la sua stimolante insania si vivrebbe peggio.

V Voti

Voto degli utenti: 8,7/10 in media su 17 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
loson 10/10
rael 8/10
Cas 9/10
REBBY 10/10
Lepo 9/10
B-B-B 9/10
brogior 7,5/10

C Commenti

Ci sono 13 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 15:44 del primo ottobre 2007 ha scritto:

E dopo i Queen sarebbero i padrini del glam?

Questo è uscito un anno prima di Innuendo e non se l'è mai cagato eccessivamente nessuno. Ma, tra questo ed Innuendo, non c'è storia: i fratelli Mael polverizzano Mercury e compagni! Bellissimi anche Lil' Beethoven (2002) e Hello Young Lovers (2006)...

rubens alle 16:12 del primo ottobre 2007 ha scritto:

RE: E dopo i Queen sarebbero i padrini del glam?

Beh, ma i Queen di Innuendo erano già altri Queen: i Queen glam sono quelli degli anni '70 Biz

Ottima recensione, BTW, complimenti al Target che è sempre una garanzia di qualità

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 17:36 del primo ottobre 2007 ha scritto:

RE: RE: E dopo i Queen sarebbero i padrini del glam?

Oh my God, lo sapevo che studiare troppo mi avrebbe rincoglionito... Innuendo è del 1991, l'ho semplicemente scambiato con A Night In The Opera (capitemi, ragazzi, dai). Sorry! Ah, dimenticavo: bellissima recensione.

loson (ha votato 10 questo disco) alle 8:25 del 2 ottobre 2007 ha scritto:

puro genio

Ottima recensione per un disco superlativo!

rael (ha votato 8 questo disco) alle 15:19 del 2 ottobre 2007 ha scritto:

se non fosse per la voce che dopo un po urta i nervi, sarebbero il mio gruppo preferito.

rael (ha votato 8 questo disco) alle 15:22 del 2 ottobre 2007 ha scritto:

leggo in ritardo il paragone con i queen, non scherziamo, non scherziamo per nessun motivo, i queen che siano quelli di a night at the opera o di innuendo, sempre queen sono, non scherziamo.

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 16:48 del 2 ottobre 2007 ha scritto:

Rispetto i gusti.

Ma secondo me i Queen non sono all'altezza degli Sparks. Pura opinione personale che non vuole attaccare i gusti di nessuno

rael (ha votato 8 questo disco) alle 9:12 del 3 ottobre 2007 ha scritto:

scusami la penso esattamente come te, non mi sono spiegato bene, le battute non sono il mio forte.

sparks - queen 4-0

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 18:57 del 17 dicembre 2007 ha scritto:

a questo preferisco il secondo propaganda

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 0:14 del 23 agosto 2009 ha scritto:

Ritorno dopo un po' di tempo, perchè mi è capitato di riascoltare il disco oggi pomeriggio e... è assolutamente geniale, davvero. Mi stupisco che questi Sparks (ma anche quelli eurodisco, e quelli più pesanti/operistici di inizio Millennio) ti mandino in sollucchero, Francesco, quando poi Zappa non ti piace. Come hai sottolineato nella tua recensione, l'influenza di Frank, del suo melting pot e dei suoi assurdi testi (quello di "This Town Ain't Big Enough For Both Of Us", in particolare, è geniale: uno scontro tra un ebreo ed un ariano!) la sento davvero forte. Ecco... niente. Avevo solo voglia di rompere le balle a Francesco e di dire che il disco mi piace un sacco

target, autore, alle 16:29 del 23 agosto 2009 ha scritto:

Ah, Marco, chennesò perché, ma è così: Sparks sì, Frank no. Al cuor non si comanda! (Ah, e ci sono anche gli Sparks beach-boysiani di "Introducing Sparks" e quelli jingle-jangle di "Angst in my pants" a meritare un ascolto e un discorso a sé). Insomma: il loro eclettismo è oltre.

Utente non più registrat (ha votato 5 questo disco) alle 8:53 del 18 aprile 2021 ha scritto:

Apprezzo il coraggio della proposta in "This Town" e in cose come Here in Heaven, ma l'effetto totale è troppo disorientante, sfocato. Poi, per carità, posso capire il feticismo nei confronti di certi tipi di musica, ma non mi spingerei a lodi sperticate verso gli Sparks, che oltre a questo album - che a mio avviso non va oltre al decente - non hanno mai fatto nulla di che, e da cui NON partono di certo i Queen e i Devo.

Anche fra i commenti leggo cose un po' strane: Questo disco sarebbe superiore a The Night at the Opera? Sul serio?