Faust
Tapes
Recorded in Wumme, 6-71 6-73
Side A: più che un pianoforte è il rumore di fondo dello spazio infinito.
Il rock non è preso neanche in considerazione: fagocitato e digerito.
Piuttosto una ballata potrebbe essere interessante: sì, ma così ci si
annoia: senza giocare con i synth; ed eccoli allora a colorare la seria
canzone con la voce che va di qua e di là tra le casse dello stereo.
C'è allora un accenno ad un'epica battaglia. Le truppe contrapposte
caricano, al galoppo.
Rumori di avanzi di sintetizzatori e voci che giocano a fare i synth (e per
un po' ci diventano). La tromba che gioca a fare il synth.
- Già e il rock, un, due tre e quattro?
- Ma certo. e perché no le giostre della domenica?
Già le canzoni: eccone un'altra. Dunque, la batteria c'è, la chitarra pure,
i coretti fanno tutto il resto, con qualche rumore in primo piano ad
equilibrare il tutto.
E allora il free-jazz? Senza confusione però; no, stop.
Il jazz, col sax un po' sparato, veloce, sulla base del motivetto di prima,
condito da rumoretti e distorsioni.
Citare Zappa è obbligatorio, anche se non è imitazione, è altra cosa.
Basta con questa canzonetta!
No continua, siamo ad oltre il dodicesimo minuto.
Elettronica e suoni estremi di sax.
No! Ancora il motivetto, riprende.
Fiuuuu.. è finito.
Rumori di bar, casa e voci al telefono.
Lo sciacquone inevitabile.
C'e un battere ritmico che introduce una batteria e ora i suoni collimano
con i rumori, diventano suoni estremi, distorti. Entra il basso a cercare
una struttura, il synth non ci sta, giù duro, su un tono basso a dar
fastidio: non ci deve stare l'ordine: qui comandano i suoni liberi!
Carillon a rinfrancare le orecchie, con dei tom morbidi di batteria.
Il caos. Minuto diciannove.
Ehem dunque, dicevamo dei suoni dell'elettronica, che ora si mischiano a
delle voci con l'eco, che uscirà? Le voci diventano synth ed il synth
impazzisce: sembra un animale ferito e su un tono impossibile con la ritmica
dell'onda quadra, intona un motivetto.
Canzone, su scala regolare, l'armonizzazione, ma non c'e tempo, il free-jazz
con l'elettronica è più urgente: bisogna vedere da che parte si esce
passando per di qua.
L'elettronica comanda, adesso, pochi suoni, con delay.
Nella seconda parte (sibe B) la 'musica' non cambia, ma l'atmosfera è più
tranquilla tanto che esce una citazione di pianoforte che tende al classico.
Il gioco ritmico ai sintetizzatori è inevitabile ed essenziale.
La citazione della tromba jazz adesso, settimo minuto lato B, è al Miles,
prima di Sketch of Spain ed immediatamente dopo a quello elettrico di
Ora a sperimentare è il drum set con aggiunta di xilofoni, campanellini ed
altri giocattoli.
Irrompe il basso e si porta via tutto.
I campanellini che, nel frattempo sono ora diventati indiani, quelli di Hare
Krisna, si traformano in suoni elettronici.
Una chitarraccia, che rassomiglia a quella del primo Zappa quando ancora non
sapeva suonare, intona un assolo.
Ora ricantano una bella canzonetta, sincopata, originale, tutti in coro:
fanno i seri col pop. E non è male.
Sembra ripartire una canzone, ma non è proprio così, voci da tutte le parti:
quale sarà quella solista? Che devo seguire? No, una c'è. Ora ce n'è un'
altra. Insomma, prima una fa il coro, poi è solista, e così via. Il
ritornello, carino, si ripete fino alla nausea.
Siamo all'ultimo minuto.
E allora si canta in francese, mi sembra il minimo!
Chitarre acustiche e voce recitante (non capisco il testo).
Adieu.
Un disco eccellente di uno di quei gruppi che hanno tracciato i confini di
una parte della storia del rock. E che ogni volta che si riascoltano danno
spunti nuovi sia in chiave di piacere d'ascolto sia come comprensione del
rock.
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