Mythic Sunship
Upheaval
Nellintrodurre Upheaval, quinto disco in studio dei danesi Mythic Sunship, è doverosa una premessa che, pur partendo da considerazioni di carattere personale, si presta facilmente ad essere generalizzata. Laffermazione perentoria che in un genere si è già detto tutto, nella maggior parte dei casi, vuole semplicemente porre laccento sulla crescente difficoltà che nuove leve e nomi storici incontrano nel percorrere nuove ed originali vie comunicative. Nel caso di quella musica strumentale fluttuante tra i capienti confini dellacid-kraut, tuttavia, laccezione è ben più letterale, totalizzante: il mondo delle fluviali jam elettriche, senza timore di eccedere, non presenta più alcun tesoro nascosto, alcuna gemma insepolta. Prospettiva tranchant e forse discutibile ma, vista la crescente moria dellultimo decennio, altrettanto difficilmente ribaltabile.
Una volta accettata linevitabilità dellassunto, la faccenda si fa in discesa e gruppi come i Mythic Sunship vengono inquadrati per quello che sono: nello specifico, una formazione sì revivalista, ma dotata di un gusto estetico non comune a tante altre band di genere. Rispetto al jazz elettrico di Ouroboros (2016) e alle circolarità hard rock del successivo e più convenzionale Land Between Rivers (2017), Upheaval che va a completare una sorta di trilogia a tema per El Paraiso è certamente il capitolo in cui linfluenza motorik, sebbene filtrata attraverso una massiccia lente heavy-psych, si fa maggiormente presente e percepibile. Il duplice rifferama in slow motion e parziale sovrapposizione che inaugura Tectonic Breach esibisce da subito tutti i suoi muscoli, snodandosi attraverso minuti e minuti di solismo lisergico che dopo una pre-coda trattenuta e rappresa esplode in un finale di potenza divellente. Lapice si raggiunge con il brano più breve del lotto, il boogie metallico e scartavetrante di Cosmic Rupture (6:44) che, per riprendere un paragone già impiegato nel recente passato, sembra uscito dalla penna dei Motorpsycho più espansi e ciclopici (quelli delle improvvisazioni live e di dischi studio come Heavy Metal Fruit, giusto per capirci). Le esplorazioni cosmiche, infine, riassunte discretamente nella suite conclusiva Into Oblivion (la cui chiosa blues, distorta ed ipersatura, fa quasi storia a sé), vengono rappresentate al meglio da Aether Flux, un tribale desert rock ricolmo di riverbero à la Yawning Man che lentamente decolla ad altezze space, prima di tornare a celarsi con fare notturno e misterioso tra le dune.
Non lavrei mai detto, ma la voglia di rimettere sul piatto Upheaval, una volta completato lascolto, è forte. Valga questo commento come sintetica recensione nella recensione.
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