Doomsquad
Total Time
Capita ancora, per fortuna, di ascoltare un disco che non si sa dove incasellare, allinterno del quale ci si raccapezza molto poco, scritto e prodotto laddove si incontrano pazzia e presunzione. I Doomsquad sono un trio di fratelli di Toronto (Trevor, Jaclyn e Allie Blumas) e il loro disco lhanno composto in New Mexico, tra afflati new age e un impianto ideologico saldamente weird (un pezzo, Solar Ass, è sui didietro delle scimmie, mentre lapertura di Who Owns Noon in Sandusky dovrebbe incoraggiare «la nudità in noi tutti»).
Eccentricità a parte, il disco è piuttosto imponente, come da copertina, in un intreccio di scura dance psichedelica, chitarre inacidite, inni satanici, folk cosmico, organi ultramondani, svisate sperimentali, digressioni di marcio tropicalismo, linfa no wave, tra una tendenza alla jam ipnotica e un animo melodico sommerso di glitter.
Ne risulta una specie di elettronica imbarocchita con lacido, dove si incontrano Animal Collective (Solar Ass) e Peaking Lights (Farmers Almanac: molto area Not Not Fun), immaginario sci-fi dopato nei bassi (collabora Graham Walsh degli Holy Fuck) e scartavetrate al limite dellindustrial (Its the Nail That Counts, Not the Rope). I beat sono quasi sempre belli profondi e il cantato, spesso corale, riprende certe peculiarità barbute dellarea indie folk dello scorso decennio per scioglierle in drogatissimi remix trance. Ecco, prendete i Bodies of Water e affidateli a un dj attratto dalla Bristol fine anni 90 e dai Throbbing Gristle (Pyramids on Mars, leccellente The Very Large Array). E dotatelo di un animo decisamente dark: se Collective Insanity potrebbe uscire dai nostri migliori Father Murphy, la finale Russian Gaze, insolcata in quel giro di organi, sembra prendere lesotismo di Sun Araw e impeciarlo di fango.
È un disco perturbante, volutamente pasticciato, malato, caotico, che in epoca fighetta e ripulita mi sembra porti aria tanto mefitica quanto salubre. Da respirare a pieni polmoni.
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