R Recensione

7/10

Menomena

Friend & Foe

Non sono rari i casi in cui, parlando di un determinato disco, la prima cosa ad emergere siano le tecniche utilizzate per produrlo: si pensi al celebre Wall Of Sound spectoriano, all’uso dello studio di produzione da parte di gente come Brian Wilson e i Beatles, o ancora, per avvicinarsi ai nostri tempi, ai loop “concettuali” di Herbert e alle imprese folli dei Flaming Lips. Ecco, la prima cosa che viene fuori quando si parla dei Menomena è il software da loro creato, il Deeler , una sorta di Recycle fatto in casa, un sequencer che permette di giocare coi loop sonori in modi sempre nuovi.

E in effetti, la questione assume rilevanza se si considera il metodo di composizione del gruppo, che consiste nell’improvvisare, incidere la basi e frullarle nel Deeler, per poi registrarvi sopra nuove parti vocali e strumentali, nel tentativo di imbrigliare ai propri scopi un po’ di teoria del caos e di inseguire forme e percorsi originali.

La parola art rock non sta poi tanto stretta, per questo gruppo, che pare prenda il nome dalla canzone Mana Mana di Piero Umiliani (?) e che in questo Friend & Foe pare tirare la propria musica come un elastico, forzandola continuamente in direzioni opposte, affidandosi ad arrangiamenti e sovrapposizioni di suoni e di loop bizzarre e imprevedibili, e lottando continuamente per traghettarli in una sorta di schema, inconsuetamente e non banalmente melodico.

Il disco cambia spesso registro e voce, e sposa amabilmente lo stesso gusto per il bizzarro e l’eclettico, lo stesso amore per i suoni stratificati e le giustapposizioni inusuali, che lega come un invisibile filo rosso gruppi eclettici come Flaming Lips, Modest Mouse e Tv On The Radio. Parentela concettuale oltre che musicale, medesima attitudine a sgusciare via da catalogazioni e schemi, a ipnotizzare l’ascoltatore con un vasto ed eterogeneo campionario di maschere e costumi.

È un oggetto piacevolmente sfuggente, questo Friend & Foe, sfocato, nebbioso, destinato a crescere ascolto dopo ascolto e a rivelare particolari sempre nuovi: dal pop declinato post punk di Muscle’n Flo, che ben figurerebbe nell’ultimo Tv On The Radio, al noise blues minaccioso di The Pelican, dal pop sbilenco di Wet And Rusting agli inserti free di Weird, dalla accorata ballata Rotten Hell all’incubante incedere di Running, dai Flaming Lips spaziali di My My fino ad arrivare alla melodia storta di Boyscout’n.

I pezzi hanno uno sviluppo magmatico, una struttura mutante: cellule sonore impazzite e in collisione tra di loro che tendono a ricomporsi in effimere strutture pop, per poi tornare a vagare libere, scacciate via da loop di sax selvaggi o da riottosi campioni di basso, da assoli di batteria randagi e solitari note di piano.

Un disco che svela il suo fascino con parsimonia, ascolto dopo ascolto, dettaglio dopo dettaglio, centrifugando, instancabile, gli infiniti granelli colorati del suo intricato caleidoscopio sonoro.

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 7 voti.
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REBBY 7/10
Cas 8/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Enrico Venturi (ha votato 9 questo disco) alle 22:00 del 29 gennaio 2007 ha scritto:

Si, questi Menomena mi sembrano gente con un sacco di cose interessanti da dire.

Alessandro Pascale (ha votato 7 questo disco) alle 10:22 del 23 febbraio 2007 ha scritto:

Niente male

devo dire che i ragazzi se la cavano. Concordo soprattutto con il recensore

barkpsychosis (ha votato 8 questo disco) alle 0:14 del 6 giugno 2007 ha scritto:

mi piace da morire

a mio parere uno dei dischi più interessanti di quest'anno. non imprescindibile ma gustosissimo.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 13:19 del 23 novembre 2007 ha scritto:

si, mi piace questa "struttura mutante". ogni ascolto regala sempre qualcosina di nuovo. si merita un otto se paragonato con gli altri lavori di quest anno