The Black Angels
Indigo Meadow
Love me two times
Il filone della neo-psichedelia è, tra le manie del retrò, senza dubbio uno dei più prolifici in questi anni. Per citare solo alcuni tra i più chiacchierati nellultimo periodo, quanto meno da queste parti, passo in rassegna Black Rebel Motorcycle Club, Dead Meadow, Tame Impala, Toy, Goat, Wolfmother, White Stripes, fino ai forse meno famosi Singapore Sling, Wooden Shjips e Sleepy Sun (e ce ne sarebbero tanti altri), a richiamare i suoni e le sensazioni allucinanti, calibrate in maniera e misura diversa, di Beatles, Grateful Dead, 13th Floor Elevetors, Doors, Velvet Underground, Blue Oyster Cult, Amon Duul II, fino a, nei casi più hard, Black Sabbath, Uriah Heep, Deep Purple, Rainbow, e così via. I Black Angels, giunti al 4 LP in 8 anni di copiose produzioni, sono sempre stati di diritto in questa squadra e lultimo Indigo Meadow ne è conferma piena.
Ci saranno gli integralisti e i puristi (e mediamente in passato mi accodavo a loro), che bolleranno questo disco così come tutto il filone appena citato alla stregua di una fabbrica di stamponi di classici, tentativi, nati stanchi, di proporre come roba nuova degli esercizi devoti di stile in direzioni fin troppo definite, e quelli che, forse anche per una scarsa conoscenza delle fonti, grideranno al miracolo. Proverò a non trovare la facile via del compromesso salomonico tra le due correnti, dando un giudizio chiaro e netto sul disco, provando pure ad estrapolarlo dal contesto storico e della società musicale che lha partorito.
Indigo Meadow è un gran bel disco, mediamente molto duro, decisamente ispirato, che non si può collocare da un punto di vista temporale e che potresti facilmente rifilare al nostalgico biker baffone nato per essere selvaggio, dicendogli che è un gruppo di 40 anni fa che inspiegabilmente non ha avuto successo. Ci cascherebbe, con tutte le scarpe. Ma la forza del disco non risiede nel proporre in modo impeccabile i canoni della musica di riferimento quanto piuttosto nel farlo con passione rinnovata e artisticamente ispirata.
Tra le fonti di riferimento di questo disco spiccano, su tutti, Doors, Uriah Heep e Velvet Underground. I primi contribuiscono (principalmente) con gli arrangiamenti, comprensivi di riverberi e tastiere tremolanti, i secondi danno la forza, gli ultimi il fiato e la melodia.
Poi, però, basta, e linvito è di godersi quanto proposto in serenità danimo riconoscendo, se possibile, la qualifica di punti di forza ai riferimenti che vengono alla mente e che comunque cercherò di sottolineare di seguito. Il disco brilla infatti di una luce propria e questa luce la dà principalmente la forza innegabile di un bel numero di tracce, alcune addirittura superlative, tipo la title track. Cupa e cadenzata dal ritmo sordo e sgonfio di tom e rullante, arricchita da arrangiamenti certosini di chitarre e tastiere in perfetto stile. La voce è di quelle che ti entrano nelle orecchie dalla porta principale, perché riconoscibile, perché sicura di sé, perché dopo poco ti ci affezioni. Altro pezzo superlativo è Love me forever, forse il manifesto di questalbum e dellimpronta rappresentativa di questi Black Angels dove il piglio lirico quasi mistico dei Velvet Underground (primaria fonte di ispirazione dichiarata di una band che deve il suo nome, lo ricordo, alla loro The black angels death song), si fonde allenergia massacrante di Black Sabbath e Uriah Heep, il tutto addolcito dalle stridule tastiere in perfetto stile Doors. Altro capolavoro è Dont play with guns con tripudi di chitarroni fumanti a fare da contraltare ad un cantato malizioso, riverberato nel coro del ritornello. Può capitare (a me è successo) di immaginare Jim Morrison e soci interpretare brani come Holland e I hear colors (chromaesthesia). Sarebbero state perfette per un loro album, sicuramente di successo mentre profumi di garage psichedelico stile Remains sono il marchio di fabbrica di The Day, con in più la sensazione di aver ascoltato qualcosa del genere anche nellultimo Django Django. I primi White Stripes featuring Jim Morrison sono invece limmediato riferimento che viene alla mente per Broken soldier.
Il cammino, lungo ma con tappe brevi, verso lultima traccia, la tredicesima, è un viaggio in clandestinità sul treno della psichedelia dura e mediamente delirante. Ma è un cammino che va affrontato tutto, necessariamente, anche perché al capolinea cè Black isnt blackdove lattitudine psichedelica si affida ad un mezzo all'apparenza diverso, mai incontrato prima nellalbum, e che sembra proprio rispondere al nome di elettronica. Ragion per cui, dopo il lungo intro di basso e voce, sembra di vedere salire sulla scena niente meno che i Chemical Brothers.
Insomma, che viaggio ragazzi, fregatevene di tutto e tutti, imbarcatevi e partite. Sarà una partenza intelligente.
Love me forever
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