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R Recensione

5/10

Blondie

Autoamerican

Dai tempi dell’esordio (neanche troppo lontani) i Blondie si affermarono indubbiamente come macchine sforna-singoli (anche di una certa entità) pronti a presentarsi ai primi posti delle classifiche americane e non. A distanza da “Parallel Lines” sono passati solo due anni, ma il sound è già cambiato.

Autoamerican” delinea quindi un quinto capitolo di una saga che, per le vendite discografiche, inizia a collassare. Vale così anche per la qualità?

L’incombente orchestra di “Europa”, malgrado sia una novità per un gruppo nato come dance-punk, è un piacevole strappo alla regola, dove le corde dialogano con i violini e i fiati, modernizzati da una cascata di sintetizzatori. È quindi la batteria a dettare un convincente pop suonato in “Live It Up”, con deliziosi ritocchi di tastiere, che esplodono in frizzanti chitarre che si distendono alla voce. Tornano poi le componenti orchestrali in una “Here’s Looking At You” su cui passeggia disinteressata la voce: i ritocchi del contrabbasso seguiti dalla tromba ne danno un simpatico accento retrò.

The Tide Is High” è un respiro esotico, tra vivaci percussioni rinforzati da cori e improvvisi fiati. Qualche carezza di violino si rilega poi a delle chitarre ispirate al reggae. Tutto l’opposto di quello che “Angels On The Balcony” introduce con disordinate tastiere che si sgomitolano con la voce, per lasciare poi spazio alla chitarra, riempita poi dalle tastiere. Mi chiedo se non si tratti di un occasionale inciampo, però “Go Through It inizia a convincere meno. Forse scontata, malgrado il martellante basso ripreso dai continui fiati.

La pericolosa intro di “Do The Dark rischia di rovinare anche il resto del tessuto musicale, dove la voce è in bilico tra batteria e basso. Però continua imperterrita a sporcare un tessuto musicale che avrebbe potuto salvarsi. Aiuto, stiamo perdendo quota!

Sono gli intrecci delle corde ad introdurre, accompagnate dalle campane, la lunga “Rapture”, dove compaiono anche fiati occasionali per confezionare un brano orecchiabile, che lascia spazi ai fiati e anche alla chitarra, ma non lascia nulla di speciale. La doppietta sax-piano apre la jazzata Faces”, che gioca sui falsetti, accompagnato poi da cori maschili. Un cambio di rotta apprezzato, che cerca di recuperare (troppo) lentamente quota: ci vuole qualcosa di più convincente.

Cerco di scorgere qualcosa nel fitto tessuto musicale di “T-Birds”, che avanza con fatica tra cori e tastiere, ma è come se ci fosse un muro: può attirare la discussione tra voce e chitarra, ma i cori a fine ritornello fanno cambiare subito idea. Attirano di più le corde che accompagnano “Walk Like Me”, anche se comunicano in qualche modo che si tratta di un brano passeggero (per le mie orecchie). Infatti queste si districano in un banale ritornello, per poi richiudersi.

Non ripongo molte speranze in “Follow Me”, che rinasce da una tastiera seguita dalle corde, tutte nauseate. La voce si serve di deboli batterie per rialzare gli strumenti, anche se il risultato è… nullo.

Insomma, un disastro: impeccabili ed interessanti le prime tracce, ma al segnale della seppur convincente “Angels On The Balcony” l’album precipita in ambienti vari, ma poco convincenti. È come avere a disposizione tanti materiarli e usarli tutti in modo mediocre: alcuni brani sono orecchiabili, ma trattandosi dei Blondie, che hanno firmato spesso dei brani memorabili e carichi di emozioni, vedere poi tutta questa confusione è come una scivolata.

Originalità sì (per certi versi), qualità? Un po’ meno...

V Voti

Voto degli utenti: 5,3/10 in media su 2 voti.
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zagor 6/10
woodjack 4,5/10

C Commenti

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zagor (ha votato 6 questo disco) alle 17:57 del 17 marzo 2018 ha scritto:

Bella rece, do' giusto il 6 politico alla fatal Debby ( Noblesse oblige), ma il meglio era già ampiamente passato.

woodjack (ha votato 4,5 questo disco) alle 18:44 del 17 marzo 2018 ha scritto:

brutto disco, tronfio e confuso... gioielli i primi 4.