Brian Eno
Another Green World
La seconda metà degli anni 70 si prefigura come una sorta di terra mezzo nella storia della cosidetta musica leggera, ed è presto detto spiegarne i motivi che si annodano principalmente nell'esaurirsi della spinta del progressive, dello spengersi della fiamma della breve stagione del glam e alla contemporanea crescita di quello che sarà il movimento il punk, senza tralasciare il prepotente ingresso nella scena dei sintetizzatori e dell'elettronica.
In queste brevi righe è condensata in pratica la sintesi di quell'immenso calderone, figlio di tutte queste componenti, e che per convenzione è stato racchiuso in un traslato preso in prestito e tradotto dal francese all'inglese, per sottolineare il cambiamento in atto.
I più attenti avranno capito che si sta parlando della New Wave, i cui germi sparsi qua e là vengono raccolti e messi in insieme dalle strategie oblique di Brian Eno, che con Another Green World, possiamo ben dire che ne apre clamorosamente la stagione.
In questo disco non troviamo nè lo psicotico glam di Here Come The Warm Jets nè gli ironici ammiccamenti di Taking Tiger By Mountain, ma una più profonda ricerca e apertura verso sonorità ancora non sondate e che proiettano il 1975 direttamente nel futuro degli anni 80 (e probabilmente anche 2000), con il suo pop ora delicato, ora schizzato, ma più raffinato e privo delle stravaganze tipiche soprattutto del primo lavoro da solista.
Spocchiosamente e con finta umiltà definitosi non-musicista, Eno mette qui a frutto i suoi primi esperimenti ambient (No Pussyfooting, Discreet Music) insediandoli qua e là e mischiandoli come intramezzi o code delle canzoni, applicando perfettamente la sua nuova scienza al pop, creandone di fatto un genere nuovo.
Ma un non-musicista che si rispetti ha anche bisogno di fregiarsi della collaborazione di musicisti straordinari, e in questo disco ne troviamo a bizzeffe, Phil Collins alla batteria, John Cale alla viola e Robert Fripp alla chitarra tanto per gradire e tanto per chiarire quanti e quali siano gli ingredienti occorsi alla realizzazione di cotanta prelibata pietanza.
Si comincia, in Sky Saw, col duetto fra bassi di Paul Rudoph e Percy Jones che stridono leggermente come unghia su di un piatto a creare una ipnotica melodia che si trascina sino alle brevi frasi sussurrate da Eno, chiuse dall'incantevole viola opera di John Cale, il tutto ritmato con precisione chirurgica dalla batteria di Phil Collins.
Diciassette anni prima dello squadrone NBA guidato da Magic Johnson a Barcellona '92, era nato il primo Dream Team.
Over Fire Island si fregia ancora dei ricami di Collins e Rudolph in un'atmosfera più jazzeggiante, cui il tocco elettro eniano conferisce un'aura unica e inconfondibile.
In St.Elmo's Fire tastiere del futuro spinte dall'ispido volume dell'ininterrotto cantato del non-musicista britannico, vengono esaltate dalla chitarra di Fripp che circola intorno al pezzo addobbandolo coi suoi raffinati ghirigori, e ancora mentre ascoltiamo In Dark Trees si sente urlare dal lontano 1975 il "futuro è adesso" , cullati dai sintetizzatori in un'atmosfera idilliaca a sentire il calore di tenebrosi alberi, nascosti in chissà quale bosco del subconscio.
E proprio da lì partiamo per imbarcarci in The Big Ship, colti di sorpresa da questo incedere di mareggiata in cui la melodia è sempre più clamorosamente elettronica ed elettrica, sempre più sinestetica, tale da aprire uno squarcio nel petto di ognuno di noi, dentro il quale non è possibile restare emozionati e lasciarsi trasportare dalla fantasia e dalle immagini che vediamo apparire innanzi ai nostri occhi, mentre ascoltiamo questo pezzo.
Ma, bando agli strappi strumentali, torniamo in atmosfera pop con la successiva I'll Come Running, una ballata di grande impatto ed effetto, doppiamente nobilitata qui, oltre che dall'onnipresente Fripp, anche dal piano di Rod Melvin.
La title-track esprime in poco più di un minuto e mezzo la più concitata sintesi del lavoro in atto: ambient? pop? semplicemente Brian Eno.
E come non cedere di fronte ai ritmi esotici, tutti in forma straordinariamente elettronica di Sombre Reptiles? Messo ovunque questo pezzo sembrerebbe un pesce fuor d'acqua, ma qui, guai a spostarlo, guai a torglierlo, che toglierebbe un prezioso ingranaggio all'incessante flusso di coscienza che Eno ha messo in atto, e non dev'essere un caso che dopo questo pezzo, segue l'incantevole intermezzo ambient di Little Fishes che ci introduce a quel capolavoro nel capolavoro che è l'immensa Golden Hours: una lettera (d'amore?) dentro la quale sentiamo scorrere persino le dita sui tasti di una macchina da scrivere, scandita dal malinconico cantato del non-musicista, incorniciata da una melodia preziosa precisa preponderante e persino ricattatoria per quanto emozionante, ed elevata a dismisura da Fripp e Cale al loro meglio.
C'è da stupirsi ogni volta che lo si riascolta, ma dopo questa tensione emotiva, Becalmed ci rilassa dolcemente con le sue soavi noti ambient di estrema delicatezza e la seguente Zawinul/Lava fa altrettanto concedendosi pure qualche pausa in più.e chiudendo con una timida accelerazione nel finale.
Tutto questo anche per prepararci all'ultimo pezzo pop dell'album, Everything Merges With the Night, una canzone che - pur non toccando i vertici espressivi ed emotivi di Golden Hours - si distingue in maniera egualmente encomiabile per lo scenario malinconico, precisamente accordato alla tonalità di canto di Eno, accompagnato da un sottofondo strumentale di rara pulizia, bellezza e armonia, tre sostantivi che si sposano alla perfezione con la chiusura ambient di Spirits Drifting, che anticipa ancora una volta il futuro, questa volta però più in ossequio alle successive composizioni ambient del genio del Suffolk che si concederà da ora in avanti brevi vacanze col pop, per perfezionare le sue strategie oblique nella costruzione della musica da camera del Duemila.
E di questo e di tanti altri lavori gliene saremo sempre infinitamente grati, come almeno un'intera generazione, se non due (e presto saranno tre) di musicisti, che da questo disco sono partiti per arrivare diritti nel futuro.
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