Die Transfer
Plastic Machine Ep
Toh, chi si risente! Il fantasma vivissimo di Ian Curtis, i bassi gutturali dei Cure, il dark malato dei Bauhaus, Siouxsie e tutti i suoi Banshees! Mettendo le mani avanti: no, non ne avevamo bisogno. Se ci piace? Si, diamine!
Il progetto Die Transfer nasce tra Treviso e Venezia nellestate 2009 dalla collaborazione di musicisti provenienti da The Wetfinger Operation e Moofloni, due band già avvezze a certe sonorità new wave. In particolare Elia Trevisan (voce, basso), Marco Andreetta (chitarre, tastiere, cori), Matteo Pezzutto (chitarra) e Douglas DEste (batteria) in questo ep desordio, registrato in tempi record, nuotano con disinvoltura nel mare magnum del revival new wave esplorandone le profondità e destreggiandosi in territori post-punk, noise e shoegaze, come spiegato dagli stessi in comunicato stampa.
Cinque pezzi per venti minuti scarsi, a partire da Dark Place, che posta allincipit è manifesta dichiarazione dintenti, un bel crescendo in bianco e nero dal canto immobile. E quindi la volta di Shes Lost Control, no, scusate, di The Villain, che restituisce giustizia alla parola emulazione, nel saturarsi grezzo dei ritmi, nel basso viscido, nel sovrapporsi sistematico di sempre nuovi riverberi chitarristici. Da qualche parte tra Interpol e Sisters Of Mercy.
Sunrise, per il sottoscritto il pezzo migliore, si apre con pochi grammi di gioia per mutarsi in funereo declamare, con incursioni di chitarre da antologia che distolgono lattenzione e ingannano lorecchio. Più classiche Changing Our Ways, coi cori e il canonico processo di addizione-sottrazione strumentale, e Love You Shave You Loose You, quasi una torch ballad, intonata e portatrice di germi di forma-canzone, non fosse per i ronzii di distorsioni onnipresenti sullo sfondo.
Un battesimo, Plastic Machine, un onesto biglietto da visita di una band che in futuro, cambiando pelle, potrà riservarci piacevoli sorprese. Per il momento, poco più che un sentito remake di quel film che tre decenni addietro sconvolse unepoca devastata e superficiale, accecandola di buio. Per sempre.
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