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R Recensione

6/10

FermoImmagine

Foto ricordo

I FermoImmagine nascono nel 2003 portando fieri lo stendardo della new wave italiana. Il deus ex machina dell’intero progetto è Luigi “Nife” Maresca il quale, oltre a scrivere tutti i testi e le musiche (in collaborazione, queste, col compagno di avventure Mirko Ravaioli), canta, suona le chitarre e si occupa delle moderne basi elettroniche. Ravaioli, d’altro canto, oltre a collaborare nella stesura delle musiche, suona il basso elettrico in tutti gli undici pezzi di questo “Foto ricordo”. Tra un cantante cresciuto con la musica popolare e attento alle metriche jazz, e un bassista essenzialmente incline al jazz e al rock, non poteva che venir fuori un prodotto lontanissimo dal jazz, più che altro dark, strutturalmente elettronico, con richiami espliciti alla situazione sociopolitica attuale. I brani vogliono infatti immortalare dei momenti di lotta, di critica, di comunicazione, di collettività, d’amore, in un album di fotoricordi. I FermoImmagine tradiscono così una certa vicinanza al mondo dei centri sociali, di cui forse sono l’estensione più spensierata e poetica, con un background culturale che va dalla Resistenza agli anni dello spread.

Proprio “Quello che siamo”, con afflato elettrowave, avvicina la terribile esperienza dei soldati italiani in Russia durante l’ultimo conflitto mondiale alla sorte dei milioni di giovani costretti a subire oggi le ingiurie di un sistema sociale trasandato. “La sera di settembre” (che vede la partecipazione di Gioia Gurioli), con piglio più classico, inanella una serie di ricordi estivi che lasciano solo la certezza di esser cresciuti senza accorgersene. Decisamente più mellow la successiva “Le nuvole”, ma anche più romantica, con una sezione ritmica facile facile che si fa tappeto ai rimbombi della chitarra elettrica e alle cavalcate dei sintetizzatori. Ancora un po’ di malinconia con “Foglie d’autunno”, cadenzata dalla drum machine; ma anche una fugace infiltrazione filosofica in “Ozio”, carezzata dalla voce di Naima. “Fuori dal finestrino dell’auto”, tra disorsioni e soffici basi elettroniche, ritrae un momento semplice ma collettivo: è successo a chiunque di lasciarsi trasportare dai panorami autostradali, spaziando con la mente verso universi paralleli fatti di persone perdute, tempi perduti, occasioni perdute. Nelle disilluse parole di Maresca: «Il tempo scappa e fugge via / troppo veloce / irraggiungibile. / Inseguo malamente / gambe sfinite / polmoni dolenti / fiato pesante / impossibile afferrare / l’infanzia, l’adolescenza. / Un senso di impotenza / di ansia e di angoscia». Dopo l’anonima “Quante volte” arriva un ritmo electro confezionato molto bene ne “L’attesa” e di nuovo i FermoImmagine riescono a fotografare un episodio di vita dolente. Bellissima “La fine”, grazie anche alla puntigliosa batteria elettronica di Francesco Minotti, che si presenta come un’elegia sentimentale tra vitalità e dolore, molto vicina nel mood e nelle intenzioni al Garbo di “Gialloelettrico”. Il passato punk vien fuori nella cupa new wave di “Sole nero” mentre “Due fragilità” ripercorre il tema della dimenticanza e dell’addio con un linguaggio elettronico decisamente più sperimentale.

Foto ricordo” sarebbe stato un disco più che discreto se avesse dato maggiore risalto al lavoro elettronico che c’è dietro, e invece sembra che ogni sforzo sia stato improntato alla sola valorizzazione della voce di Nife, che a volte pare cimentarsi in avventure vocali più grandi di lui. Ma resta il fatto che i FermoImmagine la sufficienza se la meritano in pieno anche per aver proposto un sound wave che in Italia è rimasto fermo ai CCCP, ai Diaframma, ai Bluvertigo o al massimo ai Soerba.

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