V Video

R Recensione

6,5/10

Jumpin' Quails

Gogol Mogol

Ignoro se quella del titolo sia una contrapposizione ucronica di personalità a loro modo illustri o se i Jumpin’ Quails conoscano il russo – anche se il sospetto si rafforza considerevolmente quando, in apertura a “Rainbow Flesh”, viene interpolata la radiocronaca del primo volo spaziale della navicella Vostok, con a bordo Jurij Gagarin. In russo, infatti, con gogol’-mogol’ (termine probabilmente arrivato dal polacco kogel-mogel, a sua volta mediato dal tedesco Kuddelmudel) si indica il corrispettivo del nostro zabaione. Una bella metafora, a ben vedere, per il secondo disco del quintetto torinese, giunto a due anni di distanza dal precedente “Atomic Rendez-Vous”: indicazione di mescolanza ed energia par excellence, colore e sapore, dinamismo e vitalità. Nove brani soltanto (il cronometro supererà di poco la mezz’ora: ottimo così) in cui, parallelamente ad un inconsueto sperimentalismo linguistico – oltre all’inevitabile inglese, fanno capolino il tedesco (“Blitzfrieden”), il francese (“Le Grand V”) e persino la registrazione di un comizio politico postbellico in serbo (“Breakin’ The Glass”) –, si affiancano ed accavallano battiti new wave, chitarre indie rock, deviazioni psichedeliche e tentazioni vagamente art (il trattamento Talking Heads a cui sono sottoposte le sei corde nelle strofe e nel riuscito ritornello merseybeat di “Chloé”).

Il lettore potrà obiettare che la produzione di genere sia ingolfata da uscite simili. La risposta è ambivalente: se, da una parte, immaginiamo che non sia facile ritagliarsi una propria identità all’interno di correnti così largamente battute, dall’altra i ragazzi hanno tutte le carte in regola per spiccare. Ottime capacità strumentali (ancora il mantra velvettiano di “Rainbow Flesh”), hook à la Blondie semplici ed efficaci (ma la voce in “Eberswalder Straße” sembra quella di un giovane Morrissey), vaporosi dream pop sussurrati languidamente come un Gainsbourg d’annata (chissà cos’è “Le Grand V”…), concisione wave-rock minimalistica ma non pauperistica (come in “See You Down There (In A While)”) e rumorose puntate di phaser disseminate qui e lì (particolarmente evidenti in “Candies”): seppur giovani, i Jumpin’ Quails hanno decisamente molte frecce al loro arco.

Tanto che, se fossi in voi, ci farei un pensierino.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.