Litfiba
17 Re
Si può vincere una guerra in due
O forse anche da solo
Si può estrarre il cuore anche al più nero assassino
Ma è più difficile cambiare un'idea...
Il secondo full-length dei Litfiba può essere quasi senza dubbio considerato il lavoro migliore del gruppo fiorentino. 17 Re, uscito nel dicembre 1986 come doppio vinile, è composto in totale da 16 tracce, esattamente il doppio rispetto al suo predecessore, Desaparecido, del 1985. Leggenda vuole che in origine le tracce avrebbero dovuto essere proprio 17, ma un brano -intitolato appunto 17 Re- fu scartato in fase di mixaggio, ritenuto inferiore rispetto agli altri. Le sedici canzoni in questione rappresentano infatti lo zenit artistico della band, un risultato che i Litfiba non riusciranno mai più a ripetere in futuro.
Non è chiaro ancora cosa abbia scatenato in quei cinque l'ispirazione che li ha portati a dare vita a quello che è il loro capolavoro. I testi di Piero Pelù sono poetici ed eterei come non mai, alcuni profondi e ricchi di significato, altri quasi al limite del nonsense, ma comunque pieni di fascino, mentre la sua potente voce baritonale è ormai maturata, tanto da sembrare quella di un altro cantante rispetto all'album e agli EP precedenti. Il basso di Gianni Maroccolo diventa imponente, quelle linee martellanti e sporche sono le colonne sulle quali poggiano tutte le canzoni del disco, coadiuvate dalle tastiere acide e taglienti di Antonio Aiazzi. La chitarra di Ghigo Renzulli non è ingombrante come si dimostrerà spesso negli anni seguenti, ma interviene al momento giusto con riff puliti ed eleganti. Ringo De Palma invece manifesta al massimo le sue doti di batterista. Inoltre, fondamentale è stato il contributo aggiuntivo di Francesco Magnelli, il cui merito per gli arrangiamenti è in buona parte suo.
Canzoni come le potenti e aggressive Resta, dedicata al disastro nucleare di Chernobyl, Re del silenzio, elogio alla solitudine, o Apapaia, inno al rispetto delle idee altrui, sono gli anthem da palcoscenico per eccellenza, saranno i cavalli di battaglia nel tour promozionale dell'album. La folle e visionaria Vendette, la sognante Pierrot e la Luna, l'onirica Sulla Terra e la cupa e commovente Ballata, sono delle vere e proprie perle ricche di suggestioni ed emozioni.
Uno degli apici del disco è la mistica ed esoterica Come un dio, nella quale Pelù si immagina di essere una divinità terribile e vendicativa, volta a far morire di paura tutti gli uomini. Gira nel mio cerchio è un inquietante insieme di travolgenti vortici psichedelici e assordanti, il cui testo sembra quasi descrivere una messa nera, mentre Cane è una violenta, oscura e avvelenata scheggia punk, le cui liriche incomprensibili danno al brano un risvolto ancora più dark e lugubre. Ferito, dedicata ai popoli oppressi dal grande capo bianco, è l'epica conclusione dell'album. Persino riempitivi come Café, Mexcal e Rosita, Febbre o Univers si mostrano in tutta la loro bellezza, senza sfigurare minimamente. Rendono il mix ancora più vario le fisarmoniche di Tango, inno antimilitarista contro la leva obbligatoria, e le incursioni arabe di Oro nero, invettiva contro le guerre all'inseguimento del petrolio (l'oro nero, appunto) in Medio Oriente.
17 Re, pur rappresentando un fallimento commerciale (vendendo solo poche migliaia di copie), segna però un punto di arrivo, l'ultima spiaggia per i Litfiba originali, il coronamento di un percorso che li ha portati dall'essere una semplice band post-punk d'ispirazione britannica ad una delle più interessanti realtà del panorama underground italiano degli anni '80. Il lavoro successivo, Litfiba 3 (1988), pur essendo comunque un ottimo album, si allontana nettamente dalle sonorità new wave che fino ad allora avevano caratterizzato il gruppo (appena avvertibili in Ci sei solo tu, Paname e Bambino), in favore di un approccio maggiore verso un rock classico e più diretto alle masse, cambio di direzione che costerà l'abbandono di Maroccolo (che assieme a De Palma e Magnelli entrerà nei CCCP) e la retrocessione di Aiazzi a semplice sessionman. Nel decennio successivo, a partire da El Diablo (1990), le vendite ed il pubblico aumenteranno gradualmente, mentre la qualità musicale andrà, invece, via via scemando, fino a raggiungere - attraverso regine di cuori, corpi che cambiano o, in tempi molto più recenti, squali che mangiano ingranaggi - i pessimi risultati che ormai tutti ben conosciamo.
17 Re è perciò una sorta di canto del cigno, il capolavoro definitivo che segna la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra.
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