R Recensione

8/10

Old Time Relijun

Catharsis in Crisis

Che senso ha essere new wave nel terzo millennio? Qual è il bisogno di avere ancora qualcuno che ci ricordi che la bella melodia non è tutto quello che può servire dalla musica ma che un ritmo sghembo e un po’ marcio può illuminare i cuori più di presuntuosi coretti beatlesiani strarisentiti?

In effetti c’è un bisogno impellente di dischi come Catharsis in crisis e di gruppi come gli Old Time Relijun. Non tanto perché potrebbero diventare la vostra band preferita, né perché siano così originali o innovativi. Semplicemente è bene che ogni tanto un’onda acida e schizofrenica venga a portare un po’ di pazzia nelle menti benpensanti di ascoltatori che altrimenti rischierebbero di ammuffirsi con le belle canzoncine degli Arctic Monkeys e degli Arcade Fire. È bene che ci sia un gruppo alternativo che ricordi all’ascoltatore alternativo la natura stessa dell’alternatività. Sembra un discorso molto riduttivo e un po’ schizofrenico ma non importa: è adattissimo al contesto della pubblicazione e alla natura del gruppo in questione.

Catharsis in crisis non è un disco da ascoltare con un bicchiere di bourbon in mano mentre si legge il giornale davanti a un caminetto acceso. Assomiglia molto piuttosto a un sabba infernale aggiornato al nuovo millennio. I suoni sono tanti ma spesso ben riconoscibili: Captain Beefheart, Pere Ubu, Pop Group, in generale quella no wave isterica che si rifà anche a Public Image Limited e a No New York. Lo spirito blues è forte e la sua natura ne è distorta con questi elementi e con una buona dose di morbido free jazz (sentire i fiati cacofonici di Indestructible life! e lo splendido romanticismo che pervade Garden of pomegranates). Il risultato è ammaliante, talvolta avvolto da oscuri veli orientali (Dig down deeper, The second day of creation), talora intriso di una primitività selvaggia e tribale (In the crown of lost light, Akavishim, e le ritmiche pulsanti di Indestructible life!). Talvolta sembra di sentire un John Spencer più sporco e marcio del solito (The tightest cage), ripulito dal suono impermeabile e patinoso che ricopre i suoi lavori da una decina d’anni ormai. Lo spirito new wave troneggia comunque imponente su tutto il disco, sia a livello spirituale che ritmico (dove si sarà sentito il riff sanguinario di Daemon meeting? Forse in qualche disco dei Pere Ubu?), sebbene i rimandi alla psichedelia macabra e malata del capitano cuore di vacca siano ancora abbastanza numerosi (Liberation il caso più palese). Quali che siano i rimandi è sempre la schizofrenia a farla da padrone e pezzi come Dark matter sono lì a ricordarlo: rullo di tamburi alla Nick Mason (quello devastante di Ummagumma) ad accompagnare una chitarra garage-rock che sembra uscire da uno scantinato di fine ‘60s pieno di erba, poi d’un tratto la quiete e l’inizio di un canto esotico-stonato. C’anche spazio per Veleno mortale, unico brano ad essere inspiegabilmente cantato in italiano ma leggermente sottotono e tenuto in piedi solo grazie a una possente e solida batteria.

Insomma Catharsis in crisis non sarà certo uno dei migliori dischi del 2007 e forse nemmeno della band americana (sebbene ci siano dubbi in proposito) ma di sicuro è un disco che oggi serve.

Domani non si sa. Ma il lerciume sonoro ogni tanto è gradevole. E questo è di ottima fattura.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 4 voti.
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REBBY 6/10
Cas 8/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Gabs alle 11:24 del 8 gennaio 2008 ha scritto:

What?

La -no wave isterica- dei PIL di john lydon sta ai mars di no new york (per esempio) come i riffs sangunari (quali?) dei pere ubu stanno alla in/ideale prosecuzione del punk nella cosidetta new vave(in generis).

Che sia questa la giusta proporzione che qui si vuole evidenziare?

Mi sembra che c'è un pò di confusione, una sorta di marmellata primordiale tra generi e stili e riferimenti...

Che sia questa la giusta chiave di lettura?

Sinceramente non ravviso qui accelerazioni degne di nota a giustificarne quantomeno l'utilità.

Essere diversi giocoforza e fare cose alternative non è la condizione necessaria e sufficiente dell' alternatività!

Acidità e schizofrenia, intese come vero elogio della pazzia, vanno cercate in altri scenari e contesti: metaforicamente come perle nelle spazzatura brillano ancor più perchè spiccano e fanno contrasto con lo sfondo dove sono relegate.

Già, meglio tornare a parlare di sfondo come ideale layout di partenza per edificare qualcosa.

Mai come oggi tutto è ancor più relativo.

Alessandro Pascale, autore, alle 11:55 del 8 gennaio 2008 ha scritto:

non intendevo dire che i Pere Ubu e il Pop Group fanno parte della no wave, solo che in generale sono riscontrabili entrambi le influenze in questo disco. SOprattutto i primi io li sento molto in questo disco. La battuta sull'alternatività era per l'appunto una battuta provocatoria, riferita soprattutto a tutte quelle realtà musicali definite alternative quando in realtà di alternativo c'è poco o nulla. Non ho ben capito il resto del commento ma trovo innegabile che acidità e schizofrenia sono elementi primari di questo disco-gruppo. Sicuramente ci sarà che ne interpreta in maniera più radicale l'atteggiamento ma a me gli estremi fini a sè stessi non piacciono molto, mentre qui trovo un ottimo compromesso tra tali fattori e un tipo di rock-blues sgangherato ma melodico.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 12:40 del 30 gennaio 2008 ha scritto:

grande album, e poi secondo me, Peasy, hai centrato in pieno le influenze! la confusione forse è presente solo in minima parte nel disco, ancora un pochino alla ricerca di una strada precisa da seguire...ma che debutto comunque! Il seguito non potrà (spero) che completare le poche carenze di questo.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 12:44 del 30 gennaio 2008 ha scritto:

mi correggo

il commento qui sotto derivava dal fatto che la mia ignoranza mi ha fatto pensare di essere di fronte ad un debutto. va beh, ora mi informo sugli album precedenti e poi torno. Il voto rimane tale.