Petite Noir
The King of Anxiety
Un po di informazioni: Petite Noir sposta un po la grammatica francese (piccola nero), nonostante Yannick Ilunga (che in italiano suona già buffo - «Ilunga, sì, senza la i lunga»), cioè Petite Noir medesimo, sia nato in terra (quasi) francofona, ossia a Bruxelles, da padre congolese e madre angolana, prima di trasferirsi a 6 anni a Cape Town, Sudafrica, dove vive (anche se da poco sta a Londra, per registrare il suo disco di debutto per la Domino).
Ecco, immagino che sia scontato, dopo questa intro, dire che la musica di Ilunga sia una musica di contaminazione, ma, vabbe, è così, tanto più che Petite Noir, già attivo dal 2012, e già un passato in una band metal e in un progetto chillwave (Popskarr), suona qualcosa che ha più a che fare con la (new) new wave che con la (ora Fabio mi lincia) black music, sicché non a caso i nomi di riferimento che sono stati tirati fuori sinora rimandano tutti a questa ultima generazione di new wavers di colore: da Kele dei Bloc Party a Devonté Hynes, ex Test Icicles, Lightspeed Champion e ora Blood Orange.
Tutto vero: ascoltando Shadows, con i suoi spasmi sincopati e i suoi rallentamenti resi sinuosi dalla voce di Ilunga, è difficile non sentire leco dei Bloc Party era-Intimacy, cioè già contaminati con lelettronica, ma indiscutibilmente eredi di una tradizione post punk fatta di chitarre taglienti e sezione ritmica nervosa. Così come è indiscutibile la vicinanza (direi, sovrapposizione) con Blood Orange di un pezzo come The Fall, ballad in bilico tra richiami funk, rnb e puntellature chitarristiche new wave. Ciò che Ilunga ci mette in più è, anzitutto, una voce pazzesca, capace nel capolavoro Chess, di passare da un falsetto altissimo ai registri baritonali (e noir) più tipici del genere, assieme alla tendenza ad arricchire i pezzi con moltiplicazioni ritmiche afro (il finale di Chess cosè?), che pure sono state prestate allindie rock da un po (Vampire Weekend e figliocci), ma che qui sembrano usate con una freschezza nuova (cfr. Till We Ghosts, o il call & response venato addirittura di blues di Come inside).
Al punto che un Ep di cinque pezzi dal titolo The King of Anxiety può risultare assurdamente vitalistico: il re, cioè, lansia la vince. In un disco intero, che si spera possa tenersi su questi livelli, potrebbe sbaragliarla.
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