The Cars
Candy-O
“Shakedown 1979, cool kids never have the time on a live wire right up off the street...”
Chissà se Billy Corgan avrà speso parte della sua pre-adolescenza a consumare i vinili dei Cars. Propendo per la x sulla casella “yes!”, e sono pronto a scommetterci la raccolta 1985-'86 dell'Intrepido perché tre-indizi-tre fanno una certezza: a) Le Zucche registrarono una discreta cover di “You're All I've Got Tonight” (era l'ep “Bullet With Butterfly Wings”). b) Il riff gracchiante beata gioventù in “Here Is No Why” è come mettere le mani nel vaso della marmellata hard-pop dei cinque bostoniani, magari con una strisciata di eyeliner nichilista. c) “Troublizing” di Ocasek fu co-prodotto nientepopodimeno che dal pelato egocentrico di Chicago. Nei malinconici flashback del giovane Corgan il “1979” si trasfigurava in un proustiano “time state of mind”, una sottile linea di confine a separare l'innocenza dall'età adulta (leggete pure benvenuti cari ipocriti anni Ottanta), e i Cars di Pippo Ocasek erano il gruppo figo della porta accanto che aiutava la crescita ormonale ai kids dell’epoca, quelli con l'atteggiamento warholiano giusto nel far indossare a solide canzoncine pop n'roll gli abiti ipertesi della post-modernità. Per molti il power-pop perfetto abita qui e portava gli occhiali scuri dello smilzo Ric: bolidi stile “American Graffiti”, estetica da pin up fifties e il pop-bubblegum delle Ronettes che flirta adolescente con i Roxy Music, shakerate per bene gli ingredienti (“Shake It Up”) e avrete il soft drink vintage-new-wave servito dai The Cars.
Gli inizi però furono complicati, il solito leitmotiv a certe storie palpitanti. Siamo nel primo lustro settantiano e le Automobili stentavano ad avviare i loro potenti motori dai garage di Boston, dove il chitarrista-songwriter Ric Ocasek e il biondo amico Benjamin Orr (basso e voce) giravano come duo Cap & Swing alla sfiancante ricerca di un contratto discografico, una chimera dopo la fallimentare esperienza folk-rock dei Milkwood condivisa assieme al tastierista Greg Hawkes. I due provano testardi a rincollare i cocci proprio con il ritrovato Hawkes e Elliot Easton alla chitarra solista, formando la prima, vera incarnazione della band, che prende ufficialmente vita nel 1976 con l'ingresso dell'ex batterista dei Modern Lovers David Robinson. In seguito il demo di “Just What I Needed” basta e avanza a far circolare il nome di Ocasek & co. tra le radio locali, attivando l'appetito della Elektra-Asylum che li spedisce a Londra sotto la supervisione della badante Roy Thomas Baker (quello dei Queen): l'esordio omonimo targato '78 sarà uno dei più grandi successi dell'era wave, in parallelo ai Blondie dell'icona platinata Debbie Harry, con almeno altre due hit consegnate a futura memoria (“Good Times Roll” e “My Best Friend's Girl”, quest'ultima amata anche da Cobain).
Anni frenetici quelli che chiudevano il decennio di Nixon e degli Abba, un frangiflutti temporale che vede i Cars tornare in studio a distanza di pochi mesi con il fidato Baker, stavolta negli attrezzati e tecnologici Cherokee Studios di Los Angeles. Il bis di “Candy-O” è un ipervitaminico pop-rock digitale di croccanti scariche heavy e burrosi sintetizzatori in apnea, un sound prorompente che si diffonde sfacciato dai vostri amplificatori (“Lust For Kicks” o la tumultuosa “Candy-O”) e ha le curve della modella glamour à la Ferry ritratta sulla copertina dall'Alberto Vargas di Playboy (tal notevole Candy fu per un po' la girlfriend del lesto Robinson). Gli epidermici ritornelli synth-rock di “Let's Go” e “It's All I Can Do” saranno le nuove teste d’ariete pronte a farsi strada nelle classifiche e camerette dei tredicenni in calore, idem la sofisticata versione art-rock dei Devo in “Dangerous Type”, e se la brevità ansiogena di “Shoo Be Doo” fa sua l'ambigua electronica schizoide di A.Vega le melodie a presa rapida di “You Can't Hold On Too Long” e “Since I Held You” pagano un chiaro debito di riconoscenza ai sempiterni Beatles e alla maestria innodica marca Kinks.
L'epopea dei Cars preme l'acceleratore fino al 1984 di “Heartbeat City” e dello strepitoso successo mondiale conquistato dal super-singolo “Drive”, arrivando a oggi tra alti (e ci piazzo il matrimonio dell'allampanato leader con la top-model Paulina Porizkova, prova concreta dell'esistenza di una entità superiore) e qualche basso sparso tra il deludente split di “Door To Door” nell'87, la triste dipartita di Orr e patetiche reunion live senza il capobanda (con dentro Todd Rundgren!). Ocasek giurava un giorno sì e l'altro pure che mai avrebbe rispolverato la celebre sigla, e intanto produceva gli epigoni nerd Weezer prima di riabbracciare i vecchi compagni superstiti nel recente “Move Like This”. I giorni della fiammeggiante playmate del settantanove erano ormai andati, “...lamented and assured to the lights and towns below faster than the speed of sound...” , la citazione d'obbligo è ancora del miglior Corgan. E in quella stagione di eccitanti sensazioni pop-wave l'assolo di Easton che brucia anthemico su “Nightspots” forse andava davvero più forte della velocità del suono.
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