The Drums
The Drums
I Drums, due ragazzotti dalla faccia pulita, armati di jeans stretti a sigaretta e chiome a leccata di vacca, che con la geniale intuizione melodica di Let’s Go Surfing cavalcarono le onde di cemento di New York a bordo di un fischiettìo contagioso.
Fra solito e smodato hype, concerti stracolmi di giovani hipster dalle converse fluo che violano il limite legale di chiome gellate consentito dalla legge, e la giusta dose di ansia da debutto, The Drums giunge in questi giorni sugli scaffalotti (virtuali e non) di ogni testa indiependente che si rispetti.
Ma buttiamo subito le carte in tavola senza patetici bluff da giocatori d’azzardo.
I Drums al loro debutto discografico si comportano come adolescenti insicuri al loro primo appuntamento galante. Passano tutto il tempo a pettinarsi la chioma davanti allo specchio, e al momento di stringere i fatti non si sbilanciano più di tanto, con la paura di fare la figura dei maiali che puntano subito alla carne.
In questa prima uscita galante convergono il sorrisino timido misto a palpitazioni all’avvistamento della propria piccola amata (Me And The Moon), la passeggiata nel piccolo paradiso verde accerchiato da un mare di cemento armato, mentre gli occhi cercano di cogliere i piccoli particolari dell’altro senza risultare invadenti, in un gioco di sguardi celati (Book Of Stories). I racconti stupidi e patetici per sciogliere il ghiaccio (Skippin’ Town), il leggero brivido quando i due notano che le linee dei propri movimenti varcano la soglia privata dell’altro (Forever And Ever Amen), i piccoli timori di sbagliare qualcosa e rovinare quel piccolo quadretto magico e altamente instabile (Down By The Water) ed il pensiero che vola al futuro immediato, in preda al pessimismo ed al timore di una delusione dolorosa nascosta dietro l’angolo (It Will End In Tears), ma il pensiero di averci provato lenisce il dolore (We Tried) e lascia spazio al riscatto (I Need Fun In My Life), come a voler dire: “Chissenefrega! Devo pensare solamente a divertirmi e non a disperarmi per quella sciacquetta/pezzodimmerda!”.
Ecco, questa parabola triste e banale non è lo scarto di un romanzo di Moccia, ma un quadretto utile a descrivere i Drums al loro debutto, una band che ha timore di sbilanciarsi, di aprire le labbra alla contaminazione elettronica che aggiungerebbe un tocco particolare al Surf Pop misto alla New Wave di matrice anni ’80, e che irrigidisce l’ago della bilancia ad una mediocrità stabile e piatta.
In conclusione, The Drums non è un disco da gettare nel dimenticatoio, ma nemmeno l’ennesimo miracolo indie che tutti attendono come un Messia, in un deserto musicale colmo di miraggi e abbagli.
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