R Recensione

7,5/10

Lydia Lunch/Retrovirus

Urge to Kill

Ah dannazione, le classifiche. Quell'ormonella che sale su non appena ti rendi conto che non hai messo quel disco al posto di quell'altro o non ti sei impegnato abbastanza nel consegnare la tua recensione in tempo per poter vedere il tuo nome vergato accanto alla top ten dei dischi più significativi dell'anno appena trascorso. Cazzate. A chi giova, dico io? Non di certo all'ascoltatore, perso nel marasma degli mp3, degli streaming, del "da recuperare", "segnalato", "questo qua suona come quell'altro là" e amenità simili.

Cosa stavo dicendo? Ah, sì: benvenuti all'inferno, è tornata la sacerdotessa della no-wave. Non ridete più, eh? E no, cazzo, no. Tra questi solchi o tracce ci sono i semi della paura, baccanali di perversità, il Grand Gugnol in musica, ancora più efferata che allora, quel lontano 1979 quando I Teenage and The Jerks irrompevano sulla scena musicale newyorchese di-svelando la faccia putrida e marcescente della Grande Mela, con affilate noise ,punk e free jazz, violentando, ma allo stesso tempo ipnotizzando l'ascoltatore (si suggerisce allo scopo il bignamino curato dal fido Brian Eno, ormai leggendario, No New York, per triturarsi l'anima a dovere). 

Il progetto Retrovirus, inaugurato nel 2013 dopo una lunga tournée in lungo e in largo negli States, viene messo a punto su disco con i fidi Weasel Walter alla chitarra, Algis Kyzis (già membro degli immensi Swans), nonché Bob Bert (ci dicono qualcosa Pussy Galore e Sonic Youth?): L'omonimo e, appunto, questo Urge To Kill.

Ammodernamento dei propri classici? Auto-celebrazione? Basta ascoltare la musica per capire che qui le cicatrici di una vita spesa col pedale sull'acceleratore al massimo e sull'orlo del baratro vengono mostrate fieramente e quasi sbattute in faccia. Snakepit Breakedown è una spirale claustrofobica, agghiacciante quanto un incubo;

Tied and Twist, tratta da Queen of Siam, affonda il coltello nelle carni, dopo che un noise blues ti tiene inesorabilmente legato alla sedia imbavagliato e con l'espressione di terrore stampata sul volto.

Still Burning resuscita il fantasma maledetto del Re Inchiostro Nick Cave e degli unici ed inimitabili Birthday Party restituendo la stessa, iconoclastica, furia.

Ma la vera sorpresa è la riproposizione dell'immortale Frankie Teardrop dei Suicide, quasi un incubo industrial-noise come sei i Suicide stessi fossero gli Swans o i Chrome o un Jack Palance con le carni dilaniate, urlante sulla sua sedia di dolore come un dipinto di Bacon. Agghiacciante.

Il rock è ancora vivo, altroché. Semmai foste convinti del contrario, provate a sfidare la sorte, Lydia Lunch vi aspetta lì, in soffitta, grondante di sangue. Auguri.

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