R Recensione

9/10

Dream Syndicate

The Days Of Wine And Roses

Steve Wynn (voce e chitarra), Karl Precoda (chitarra), Kendra Smith (basso), Dennis Duck (batteria): è la formazione dei Dream Syndicate, una delle band più importanti del panorama underground americano degli anni '80. Generalmente vengono considerati tra gli esponenti più importanti del cosiddetto Paisley Underground, movimento formato da band quali i Long Ryders, Three O’Clock e Rain Parade dediti ad un recupero delle sonorità tipiche dei Sixties, anche se in realtà i nostri si terranno lontani dagli eccessi revivalismi che hanno spesso contraddistinto questa corrente. La loro è una musica che non dimentica le roots (psichedelia, folk rock), ma è capace di volgere gli occhi al presente (che all’epoca si chiamava punk e new wave), e non solo: a tutto ciò bisogna aggiungere il viscerale amore di Wynn per il wild side del rock, Velvet Underground su tutti. In questo senso l’opera dei Dream Syndicate è assimilabile, quantomeno nello spirito, a quella di altre band coeve quali i Gun Club.

Questa miscela di antico e moderno, dà vita a The days of wine and roses, loro esordio su 33 giri, uno scrigno contenente 9 piccole gemme di accecante bellezza, che meritano tutte di essere citate. L’inizio del disco è affidato all’ipnotica Tell me when it’s over, ispirata ballad di stampo velvetiano (o meglio loureediano) costruita su di un riff ossessivo e avvolgente, che inesorabilmente si insinua sotto pelle. Si prosegue poi con l’anfetaminica Definitely clean, galoppata rock n’roll che suona come farebbero i Gun Club se incrociassero Bob Dylan lungo la Highway 61. Il basso di Kendra Smith introduce uno dei pezzi migliori del disco, That’s What You Always Say, brano perfetto nel suo alternarsi tra sfuriate elettriche e momenti di (in)quiete, melodia e svisate chitarristiche, il tutto condito da un refrain a dir poco epico.Then She Remembers, rock n’roll tirato,di stampo tipicamente stoogesiano, serve da preludio a quello che pùò essere considerato come il vertice psichedelico del disco: Halloween, estatico raga echeggiante i Television, (nonchè certo minimalismo) e unico brano firmato da Precoda: forse il capolavoro del disco.

Le atmosfere si fanno ivece spettrali e inquietanti in When you smile, insolito brano che si poggia su un insistente feedback che contribuisce a creare una tensione degna del miglior film thriller. Until Lately è un blues dalle tinte vagamente jazzate, incisivo ma raffinato allo stesso tempo, che fa esaltare le notevoli qualità tecniche del gruppo. Too Little Too Late, con la Smith alla voce, è un’omaggio alle languide ballate di Nico ed è l’apripista per l’ultimo brano del disco, la title-track, che può essere considerata una summa del sound Dream Syndicate: ribollente e magmatico rock n’roll, dilatato da una lunga digressione centrale, che richiama alla mente, tanto le cavalcate elettriche della pischedelia west coast (Grateful Dead e Quicksilver su tutti), tanto le perversioni noise dei Velvet Underground: 7’e 30”di autentica apoteosi psychobilly.

Gran parte della riuscita del disco spetta anche alla produzione lo-fi (dello stesso Wynn e di Chris D. dei Fleash Eaters) che conferisce al disco una gradevole sensazione di spontaneità e di sporcizia sonora tipicamente garage (caratteristica questa che si perderà invece nei successivi lavori del gruppo). Da segnalare, per ultimo, che in commercio esiste una versione “expanded”edita dalla Rhino che comprende, oltre al disco originale, l’esordio su EP per la Down There (etichetta di Steve Wynn), 2 “Rehearsal Version” di Too Little Too Late e Definitely Clean, e il singolo edito da Steve Wynn a nome 15 Minutes, che comprende una primitiva versione di That’s What You Always Say maggiormente dark wave, e con tanto di drum-machine.

 

V Voti

Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 12 voti.
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Moon 8/10
Cas 9/10
REBBY 7/10
NDP88 8/10
B-B-B 9/10
ThirdEye 8,5/10

C Commenti

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Moon (ha votato 8 questo disco) alle 12:06 del 6 agosto 2007 ha scritto:

beh, che dire ? uno dei migliori gruppi della neopsichedelia anni 80, che attinge sia dal movimento spensierato e pacifista di Frisco, che dalla corrente psichedelica malata,nichilista e pessimista dei newyorkesi velvet underground. bella recensione, bravo!

conte max alle 14:46 del 20 ottobre 2008 ha scritto:

I giorni del vino e delle rose

Ottima scelta per uno dei dischi più belli degli anni 80 ,per me, al di la' del ricco movimento P.U.

Pura immediatezza garage su un fondo "romantico" così originale nella Los Angeles di quegli anni.

Un disco importante ...per sempre.