Altro
Aspetto
Non sono da intendere come undici brani quelli contenuti allinterno di Aspetto, terzo disco degli Altro.
Si tratta invece di un unico blocco sonoro di 17 minuti costituito da undici istantanee, è ununica declamazione urlata, e i brevi attimi di silenzio tra un pezzo e laltro sono semplicemente indispensabili boccate daria (per il cantante, non per noi).
Gli Altro ci invitano, a partire dal primo secondo di musica dellalbum, ad intraprendere con loro una corsa mozzafiato, rabbiosa e incredibilmente liberatoria, e per farlo ci propongono suoni e ritmi post-punk dei più genuini, ancora più serrati rispetto a quelli del loro precedente Candore.
Non si tratta fortunatamente di quella contaminazione moderna del genere che siamo fin troppo abituati a sentire, fatta di magliette a righe e giovani scalcianti, bensì di una sincera e appassionata rievocazione volta a voler approfittare al meglio dellimmediatezza espressiva delle sonorità in questione.
Perché il vero scopo dellalbum sembra proprio voler essere un irresistibile bisogno di espressione senza mezzi termini, senza pause, senza senso, senza meditazione e senza tempi morti. Un flusso di coscienza incessante e diretto ci viene quindi scaraventato contro insieme allermetismo impenetrabile della maggior parte dei testi, sintomo di un malessere esistenziale dalle cause imprecisate e incomprensibili, ma che necessita assolutamente di valvole di sfogo, rappresentate qui da questi undici sfoghi di poco più di un minuto e mezzo di durata ciascuno, che sfruttano i ritmi epilettici e incessanti della batteria, le pose plastiche del basso e le violente sferragliate elettriche delle chitarre, tutti elementi propri delle generazioni a cavallo tra la fine dei 70 e linizio degli 80, proprio quelle generazioni che generarono gruppi come Joy Division e Cure, per capirsi.
Il tutto poi è condito dalla voce isterica e perennemente in piena crisi di nervi del cantante.
Le tracce più significative di questo splendido album sono Quadro A., Federico, Passato e 31/12, splendide miniature martoriate dai riff graffianti delle chitarre e dalle morbide e malinconiche linee di basso.
Tra i pezzi più rassegnati ci sono i semi-acustici Smettere e Chiuso, capaci nella loro disarmante brevità a coinvolgere al meglio i nostri sensi e le nostre emozioni.
Le più scomposte e violente sono Canzone Di Andrea, Colpito e lultima Stefano, la più lunga (tre minuti e mezzo), tutte dominate da ritmi meccanici e feroci e dal predominio delle chitarre elettriche libere di sfogare la loro inquietudine attraverso fragorosi attacchi elettrici.
Da ascoltare e riascoltare, questo è un album di cui innamorarsi, un album da cui lasciarsi sedurre ed incantare.
Ascoltatelo, anche perché vi richiederà solo diciassette minuti.
Tweet