Altro
Sparso
Non inganni la scelta del formato lungo: gli Altro non hanno fatto la pace col loro passato. Nessun libro sui templari è stato gravemente coinvolto nella realizzazione di questa proposizione: semplicemente, lo storico trio pesarese capitanato dal fumettista tuttofare Alessandro Baronciani, la cui attività produttiva è stata resa più instabile ed incerta per lo sparpagliarsi geografico dei vari membri in giro per lo Stivale (Sparso, di nome e di fatto), ha voluto sintetizzare in un album che è assieme raccolta, antologia, flusso di coscienza, volume fotografico il prodotto di quattro diversi EP, dedicati alle quattro stagioni dellanno e rilasciati tra dicembre 2009 e giugno 2013.
Altrove si è già parlato di haiku per definire, con un discreto grado di fedeltà, le monocrome istantanee di quotidiana vita sociale sgraziatamente cantate da Baronciani e sorrette da un apparato strumentale che è poco definire scheletrico. A voler fare le pulci, in realtà, ermetismo e profondità sono apposizioni che mal si applicano alla miscellanea di Sparso, sembrando sposarsi meglio ai grigi di Prodotto e, ancor più adeguatamente, ai primi passi di Candore. Già con i diciassette, fulminanti minuti di Aspetto, vertice artistico del gruppo, il criptico simbolismo testuale si dissolveva in stringhe di senso ben definito. Il carattere disomogeneo e giustapposto della scaletta di Sparso, racchiusa in ununità eminentemente artificiale, accusa a tratti dei pesanti deficit strutturali: le chitarre parlanti di Lucia, con accenni di solismo no wave a ricalcare le linee vocali, sfociano nelle filastrocche naïf di Gattini e Che Non Sembri Reggae (rivisitazione scarnificata della già estremamente nuda Chiaramente), sbandano nella splendida cavalcata punk di Precisamente e nei muscoli Editors di Stampa, si stemperano nelle banalità del blando hardcore melodico di Nome (voce femminile di Erica Terenzi dei Be Forest), si disgregano ancora nelluroboro biancastro di Melograno, riprendono fiato e ritmo in Ti Ricordi?, gironzolano attorno alla matassa post punk di Spesso, alla ballata dolente di Calcoli (venature di archi e rintocchi di synth), alla torch song di Paolo.
Potrebbe durare ventotto, ottanta o cinque minuti: la cifra artistica è quella e non si tocca. Velleitario è latteggiamento di chi pretende cambiamenti. Venga la vita, e con essa la sua incostanza non regolarizzabile: la voce di questaltra adolescenza non ci abbandonerà comunque.
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