I Love You But I've Chosen Darkness
Dust
Otto anni di silenzio assoluto, per una band, sono unenormità, da sempre. Otto anni di silenzio assoluto, per una band oggi, sono quasi inconcepibili. Otto anni di silenzio per una band che suona post punk gotico, che si chiama I Love You But Ive Chosen Darkess e il cui primo disco, Fear Is On Our Side, aveva in copertina, su sfondo nero, un cuore intagliato con una croce, be: sono quasi una leggenda.
Le amate tenebre, dunque, avevano inghiottito la band texana, che ora riemerge con un disco, molto più del precedente, partorito in un apparente distacco con i suoi tempi. Se nel 2006 la new new wave, tra Interpol Editors e dintorni, tirava ancora, seppure già tra strascichi e segni di stanchezza, oggi è confinata soltanto a qualche nicchia di etichette monotematiche rimaste in ombra. Linattualità di Dust è totale. Ma poco importa. Gli I Love You But Ive Chosen Darkness continuano a intrecciare le rigide linee del post punk 80 a strati, movimenti, tic tra shoegaze e post rock, come se niente, nel frattempo, fosse successo.
Qua, in realtà, rispetto allesordio, nonostante la produzione sia ancora affidata a Paul Barker, questi ultimi termini sono meno preponderanti, soprattutto nel lato A, dove predominano pezzi regolari e concisi (in linea, ecco, con Lights, dal debutto), venati di una curvatura a tratti quasi romantica: in Safely il riverbero pesante della batteria, sotto tempo, e i disegni trascinati delle chitarre ricamano, tra tocchi di glockenspiel, unaura sognante inedita, che prosegue larpeggio aereo e le tastiere di Heat Hand Up.
Le tenebre, insomma, sembrano essersi in parte dissolte: la voce di Christian Goyer è sempre poco invasiva, disinteressata alla melodia, attenta piuttosto a puntellare gli spazi lasciati dagli strumenti. Così nel lato B, dove sono concentrati (in unevidente parentela con i dischi post punk di trentanni fa) i momenti più sperimentali, finisce spesso per inabissarsi: contrariamente allesordio (dove spiccava leccellenza di The Owl), è la parte del disco che funziona meno. Sia You Are Dead To Me che 69th Street Bridge non decollano. Dove Goyer torna protagonista (The Sun Burns Out) si torna a macinare, lasciando poi tutto il buio del disco concentrato nel cimiteriale incedere di WAYSD, dark wave purissima il brano in maggiore continuità con le campate gotiche del disco precedente.
Ciò che risulta sorprendente di questo ritorno è, tutto sommato, che la parte che convince di più sia quella più radiofonica, cosa che sembra smentire le fondamenta poste otto anni fa da Fear Is On Our Side. Faust, riprendendo il riff che apre Fingers In The Factory degli Editors, picchia, avvolgendo in un serpentone di tutto rispetto, mentre Walk Out sembra uscire dagli Interpol migliori, con un basso distorto e ipnotico che avvelena della sua ossessività il brano, fino allesplosione del ritornello (lunico del disco). E così nel ¾ in crescendo di Stay Awake si mostra, come in Come Undone, la grande perizia degli I Love You But Ive Chosen Darkness nel costruire tappeti chitarristici densi, e perciò emotivamente carichi.
Il disco è onesto, ma le eccellenze di Fear Is On Our Side sono lontane.
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