Mission Of Burma
Vs.
L'anno di grazia per l'hardcore americano, agli occhi del sottoscritto, appare chiaramente il 1982: in quell'anno escono dischi imprescindibili come "Record" dei Fear, "Mommy's Little Monster" dei Social Distortion, "Generic" dei Flipper, "Walk Among Us" dei Misfits, "Miami" dei Gun Club e "Vs" dei Mission Of Burma, dischi che hanno poco a che fare con il gusto della massa ma moltissimo con il prosieguo della storia di uno dei generi più osannati dal pubblico di "nicchia". L'ultimo dei suddetti è, però, a detta di chi scrive, forse il più innovativo del mazzo: mistione unica di punk, elettronica, rudimentale ma corposa avanguardia, power pop dei più convenzionali e avventurose quanto fugaci esplorazioni in territori folk e jazz, "Vs" può ben dirsi il capolavoro definitivo del primo hardcore a stelle e strisce, l'esatto punto di demarcazione tra quest'ultimo e il suo "post".
"Trem Two", la traccia numero tre, sorta di raga psichedelico dall'andamento quasi circolare, è riassuntiva di tutto questo; difficile parlare di hardcore puro e semplice per una traccia che di frenetico, brutale e assordante non ha assolutamente nulla. Che dire, poi, di "New Nails", in cui timidamente fanno capolino le sperimentazioni ai nastri di Martin Swope, l'anima elettronica e intellettualistica del collettivo, che si produce in un colto esercizio di distorsioni vocali pervase da un tremolio chitarristico che ha quantomeno del sinistro? Vengono poi alla mente i Minutemen nel funk-jazz di "Fun World", il quale è in ogni caso uno degli esercizi più "punk" in senso tipico dell'intero lotto.
Ascoltando "Weather Box" il riferimento immediato è, invece, ai Devo e alla loro strampalata new wave marziale e cadenzata, decostruita e sconnessa.
Si sorride o quasi quando parte "That's How I Escaped My Certain Fate", caratterizzata da un giro di basso che nella prima parte suona quasi magniloquente, ma che ben presto viene sostituito da un andamento da cartone animato nipponico. Ebbene sì: questi sono i Mission Of Burma. La band di Roger Miller già da queste poche prove può ben dirsi uno degli ensemble più arditi e coraggiosi, anche quando, in un pezzo dal sapore romantico come "Forget", decidono di optare per un power pop elastico e vigoroso alla Flamin Groovies.
Le armonie articolate dei due brani iniziali ("Secrets" e "Train") non appaiono, così, per nulla fuori luogo: tutto è funzionale a creare straniamento in un ascoltatore che si aspetta di udire urla lancinanti alla Derby Crash, invettive politiche furiose alla Johnny Lydon, o riff spaccatimpani alla Glenn Danzig. Nei Burma non vi è niente di tutto questo: l'impressione che se ne ricava è di una formazione in preda all'ansia esistenziale guardata quasi con distacco e senza particolare partecipazione emotiva (ascoltare la prova canora di Miller in "Learn How" e "Mica" per rendersene conto appieno). Il disco va in gloria con "Progress" e con la sua coda dal sapore malinconico, e se ne vanno verso la gloria anche i Mission Of Burma, se non altro verso la gloria sotterranea.
Impossibile, infatti, citare tutti i gruppi o musicisti influenzati nelle generazioni successive da quest'opera: appunti solidi e utilissimi ne prenderanno Husker Du, Pixies, Nirvana e, in generale, un pò tutto il postcore americano dei Novanta. "Vs" rimane, a tutti gli effetti, una perla nascosta nell'Olimpo dei dimenticati.
Tweet