R Recensione

9/10

Pylon

Girate

In my top 100 of all time, this record falls very near the top.” (Michael Stipe)

  I Pylon si formarono nel 1978 ad Athens dall’incontro di quattro studenti d’arte che decisero di mettere su un complesso “per scherzo concettuale”, con una “proposta artistica contemporanea” senza particolari pretese di successo commerciale. L’obiettivo divertito e dichiarato dei ragazzi era quello di essere recensiti sul New York Rocker per poi sciogliersi consensualmente. Insomma la volontà era di rimanere una meteora, una promessa volutamente incompiuta.

Si dice che l’appetito vien mangiando e nonostante gli intenti iniziali dopo una serie di critiche positive il gruppo trovò la voglia di sopravvivere (a fasi alterne) fino al 1990 sfornando comunque  tre soli dischi. Di questi l’esordio Girate è senz’altro il più importante nonché probabilmente il migliore.

Se l’impostazione del gruppo è sicuramente post-punk a livello intellettuale (innumerevoli d’altronde i musicisti-artisti del periodo, basti pensare a tutto il filone no wave) lo è anche e soprattutto dal punto di vista più prettamente stilistico-musicale. Scoperti dalla stampa specializzata dopo aver aperto un concerto dei Gang of Four i Pylon vennero presi sotto il braccio paterno dei concittadini B52’s che gli procurarono molti ingaggi in locali storici di New York come il Club 57 e il Mudd Club.

Tra il 1979 e il 1980 la grande mela stava vedendo una sfioratura della No Wave pura e violenta dei vari Mars, DNA, Contortions a scapito di una riscoperta della musica nera attraverso il recupero di temi disco e funky. Insomma la gente dopo aver applaudito alle astrusità intellettuali e un po’ stramboidi degli avanguardisti a-rockettari aveva voglia di ballare. L’esempio più evidente di questo fenomeno la “conversione” di James Chance al funk-jazz nonché il successo ottenuto da una serie di artisti non necessariamente americani ma in grado di rivitalizzare al meglio delle sonorità “nere” (Pop Group, Gang of Four, B52’s, oltre alla serie di artisti ska della 2-Tone e tanti altri).

I Pylon rientravano pienamente in questo filone anche se furono tra i più moderati in questa riscoperta black, la quale nel loro caso va addetta soprattutto alle linee di basso squisitamente dub di Michael Lachowski, nonché alla chitarre funk-punk di Randall Bewley (meno "scure" però rispetto ad altri suoi contemporanei come Andy Gill o Gareth Sager).

La frontman Vanessa Briscoe Hay invece aveva uno stile spudoratamente bianco che delineava un delizioso incrocio tra lo stampo di Patti Smith, l’aggressività anarchica di Teenage Jesus e la potenza espressiva di Siouxsie Sioux. La sua appassionante carica canora e la sua violenta sfrontatezza ne fanno la prestazione vocale femminile più entusiasmante (per l’epoca) dai tempi della Patti Smith di Horses.

È probabilmente lei il valore aggiunto di un disco che altrimenti pur mantenendosi sempre su altissimi livelli è spesso riconducibile a rimandi stilistici abbastanza evidenti. Così Volume e Weather radio pur gondendo di riff elettrici e avvincenti sono decisamente riconducibili a Gang of Four e B52’s. Danger puzza molto di Talking Heads mentre un giro alla Joy Division caratterizza Read a book. Feast on my heart invece è il suono della Postal Card (Josef K, Fire Engines) immerso nel disco-punk di Blondie. E dopo la splendida isteria controllata di The human body non si può che rimanere ammirati dalle linee di basso dub degne del miglior Jah Wobble (non a caso esploso l’anno passato con il Metal Box) intessute da Lachowski in brani straripanti come Driving school, M-train e Crazy (questi ultimi due pezzi inclusi nell’edizione ristampata del disco insieme al singolone Cool che aprì la strada al gruppo).

Oltre a tutto ciò va però fatto notare come molti brani siano validi precursori dei tempi a venire: così Gravity al di là della stitichezza in stile Gang of Four e di un riff acuto tanto elementare quanto appassionante sfrutta un vorticoso giro di chitarra che sarà ripreso impeccabilmente dai Rapture di Echoes. Working is no problem invece è probabilmente l’apice della Briscoe Hay che esplode in un urlo punk che straccia per potenza le contemporanee cantanti di Slits, Raincoats e perfino X-Ray Spex diventando un modello ideale per il futuro movimento delle riot girls (dalle Babes in Toyland fino alle prime Hole).

La stessa Cool, primo successo del gruppo, altro non è che l’antecedente di tanto indie-rock a venire, dai Pixies giù giù fino ai recenti Sons and Daughters.

Un piccolo gioiello questo Girate, non a caso in grado di influenzare notevolmente anche i Rem che ne ripresero l’impostazione tipicamente rock (chitarra, canto, basso e batteria) in tempi (l’esordio dei Rem Murmur data 1983) di trionfo di sintetizzatori e drum machines in cui a rimarcare l’accento sulle chitarre erano davvero in pochi.

Si può dire allora che è davvero una fortuna che questi quattro studenti non si siano sciolti dopo i primi concerti.

V Voti

Voto degli utenti: 7,7/10 in media su 3 voti.
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Cas 8/10
REBBY 7,5/10
loson 7,5/10

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