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R Recensione

8/10

The Fall

This Nation's Saving Grace

And when she talked about the fall, I thought she talked about Mark E. Smith

Confesso: dopo un primo approccio improntato alla diffidenza, ho riscoperto il genio di Mark E. Smith grazie a Jens Lekman, un autore non potrebbe essere più lontano in termini estetici e umani (un brutto ceffo che parla di merda che rovina la faccia vs. il bravo ragazzo romantico tutto lacrime e sentimenti), e che pure lo menziona in una delle sue numerose, splendide ballate.

La Caduta: Mark E. Smith e compari, cresciuti fra i mattoni rossi di un Manchester in decadenza (gli anni ’70 della crisi petrolifera e degli hoolingas, le stesse colonne di fumo da cui sono nati Ian Curtis e compagnia), sono personaggi colti e forbiti, agitatori intellettualoidi e anticonformisti.

Eppure, trasformano l'universo delle accademie e dell'Arte Seria (quelli che scambiano congratulazioni formali alle mostre) nel bersaglio prediletto dei propri strali.

Mark E. Smith detestava tutto ciò che era snobismo e l’aura di importanza della Cultura Ufficiale, elogiando al contempo i personaggi più improbabili (auspicava di diventare come i quaranticinquenni ubriaconi, tifosi sfegatati dello United, che mettono radici nelle bettole della Manchester periferica e che sputano taglienti sentenze sul mondo intero, dal fondo del barile di immondizia dove hanno deciso di vivere).

Eppure, i suoi riferimenti sono chiaramente “alti”: Albert Camus regala il nome alla band, e il suono – per quanto sgangherato, ignorante, volutamente approssimativo – mutua idee dai Velvet Undergound più ossessivi e strambi, dalla tradizione folk britannica, dal minimalismo circolare e stordente dei krauti (a momenti i Fall sembrano i Can in versione punk). Musica che lo stesso Smith definisce “head”, ovvero drogata, e che pure è insinuante, furtiva, più che autenticamente psichedelica: una sorta di art-punk alterato, sporco e cattivo. Qualcosa a che fare con Swall Maps, Stranglers, ma i Fall sono unici.

Quanto a qualità vocali, poi, Mark fa a gara con Lydon e si contende la palma di peggior cantante dell’era: se Lydon sembra una capra in agonia, Mark è anche peggio perché non fa che ringhiare, sghignazzare, sbiascicare le parole, contorcersi in estenuanti narrazioni ellittiche, surreali e scabrose, che fotografano la realtà della società britannica da un punto di vista perennemente antagonista.

Smith non ha il minimo rispetto per il bel canto, l’intonazione, la stessa melodia: ciononostante, risulta perfetto per i suoni brani, che varrebbero la metà senza il suo sinistro, (apparentemente) antiestetico contributo.

I Fall erano ambigui: sfoggiavano simboli nazi, suonavano ai concerti organizzati dalle associazioni anti-razziste, e poi mettevano alla berlina la società inglese e il suo sistema gerarchico senza adottare una chiara posizione politica: Mark massacrava con la stessa disinvoltura l’alta borghesia, viziosa e ipocrita, e la gretta ignoranza senza speranze della classe operaia, perversamente fedele alle proprie sciatte abitudini e priva di prospettiva.

E' un uomo del popolo, ma fondamentalmente un contestatore totale, incapace di scendere a compromessi. Con chiunque.

This Nation’s Saving Grace”, in tale prospettiva, è un disco meno estremo e cruento rispetto ai primi. Forse, è un disco più “musicale”: meno ossessivamente monotono, prova a abbozzare qualche spunto melodico più articolato (“My New House”, la meravigliosa, quasi divertita “Barmy”). Per questo piace molto, anche al sottoscritto: porta le idee di radicali di Smith in un contesto leggermente più comprensibile, ed è forse il disco migliore della band, in termini compositivi, dopo il folgorante debutto ("Live At the Witcht Trials", più scorbutico e rumoroso, ma ritmicamente più ricco e imprevedibile).

Certo, il sound ruota sempre attorno ai consueti concetti: batteria che ricicla lo stesso giro all’infinito introducendo però mille, decisive variazioni; chitarre deturpate e sporche che si trascinano estenuanti, annegando ogni parvenza di riff e di eleganza esecutiva (gli stilemi del rock progressivo) dentro squarci di rumore divaricato; un organo sinistro che regala coesione al sound, evitando che si disperda, figlio della psichedelia più rumorosa e sporca.

Nonostante questa voluta sciatteria, la musica suona non solo inquieta, ma anche a suo modo elegante e ballabile: pare adatta per balli sconnessi e fuori frequenza, sembra voglia far pogare mandrie di disadattati in preda all’alcool.

In alcuni momenti, le ambizioni colte e ad ampio respiro della band si manifestano con più veemenza, quasi che Smith per un momento volesse riconoscere di essere parte (per quanto, in posizione defilata) di quella Intelligenza che pure massacra con cinica precisione: “I Am Damo Suzuki” (omaggio a un oscuro krauter nipponico), pur se sfibrata dal suo ripetitivo, arrogante piglio canoro, origina trame circolari “alterate” che sono uno splendore. La batteria dimostra di sapere il fatto suo, tanto che è doveroso evocare la postpsichedelia concettuale dei Can. Anche “Spolit Victorian Child” è notevole: si spezza di continuo e poi diventa allusiva, sinuosa, trasformando una specie di inno alla Pistols in un folk-rock allucinato e pieno di attrito.

Questa è musica spietata, che massacra allegramente tutti i canoni tradizionali della bellezza (in effetti, quando un amico mi ha chiesto se questo disco “era bello”, non ho saputo rispondere), e che pure riesce in qualche modo a conciliare gli estremi, a suonare “bene”.

Tant’è vero che ispirerà una fetta importante del rock alternativo che verrà, dai Pavement allo shambling rock della West Coast.

I Fall a momenti sono piacevoli come un parafango che sfrega l’asfalto, eppure non posso fare a meno di adorarli: art-punk rumoroso e strampalato per geniali anti-intellettualoidi dotati di un immenso bagaglio culturale. Musica forse scomoda, ma chi ha bisogno di comodità, in questi tempi truci?

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Voto degli utenti: 8,2/10 in media su 3 voti.
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zagor 8/10
ThirdEye 8,5/10

C Commenti

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zagor (ha votato 8 questo disco) alle 10:42 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

I Fall sono una istituzione, poco da fare...forse nella loro discografia manca un capolavoro che svetta sugli altri, ma hanno messo insieme una sfilza impressionante di dischi strepitosi, dovendone citare uno direi "Hex Enduction Hour"....influentissimi anche alla voce "Franz Ferdinand", poi Mark Smith coi suoi denti marci e le sue frecciate al vetriolo verso i colleghi è un idolo.

FrancescoB, autore, alle 10:45 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

Vero, però a mio avviso i Fall mangiano in testa a tutti i gruppetti indie laccati, altra categoria proprio!

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 11:03 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

facevo un disco generale, nel senso che un brano come "totally wiredt" ha palesemente influenzato tutto il ritorno della new wave che si è visto negli anni zero!

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 11:03 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

ecco qua

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 11:07 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

ps proprio bella la recensione!

FrancescoB, autore, alle 11:28 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

T ringrazio, comunque sono perfettamente d'accordo sul ruolo storico (peraltro, su entrambe le sponde dell'oceano: basti pensare ai Pavement), solo che la qualità dei Fall per me è altissima e superiore!

Mark E. Smith genio e idolo, sono d'accordo anche lì: è bello anche il suo essere un forbito intellettuale che però dista anni luce da ogni accademismo e snobismo, e anzi sputa con piacere sul mondo "ufficiale".

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 14:05 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

si', anche i Blur del periodo 97-99 hanno pagato dazio alla banda Smith...poi vabbe' le sue dichiarazioni sui colleghi sono uno spasso : "I Joy Division erano penosi, I New Order invece hanno lavorato tanto, sono quasi arrivati al punto che sanno suonare i loro strumenti" LOL

Totalblamblam alle 14:21 del 24 ottobre 2014 ha scritto:

rece molto a fuoco bene francè ...si questo è il lavoro della band più " commerciale ed accessibile" . hex a me non ha mai convinto appieno mi suona plastico ogni volta che lo metto su. fermo restando che questa è una band che ha espresso il massimo nella dimensione live e in tal senso il cofano delle peel sessions non può mancare in nessuna collezione seria che si rispetti.

baronedeki alle 21:04 del 8 marzo 2017 ha scritto:

Grazie Zagor per avermi consigliato Hex Enduction Hour tipico album che preferisco fuori da schemi consueti che non svela tutto subito e che piano piano ascolto dopo ascolto ti entra dentro per poi non uscirne più. Per this Nation's Saving Grace non mancherà tempo per ora mi godo Hex . Complimenti alla recensione ti invoglia all'ascolto bravo.

zagor (ha votato 8 questo disco) alle 21:50 del 24 gennaio 2018 ha scritto:

Passato a miglior vita anche il vecchio Mark, che la terra gli sia lieve.

FrancescoB, autore, alle 22:03 del 24 gennaio 2018 ha scritto:

No! Lo scopro ora, così, in un modo davvero bruttissimo. Mark era e rimane fra i massimi cantautori sui generis del rock, il leader di una band i scalcagnati e rumorosi agitatori intellettuali. Acuto, velenoso e debordante.